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Alimentazione e nutrizione in adolescenza – 1 e 2 marzo 2022

L’adolescenza è quel momento in cui ogni modello pregresso, ogni abilità acquisita vengono messi in discussione in nome dell’autonomia e della condivisione di nuove tacite regole al di fuori del nucleo familiare. Gli adolescenti sviluppano una nuova consapevolezza sul cibo e sul corpo, e al contempo tendono a omologarsi e uniformarsi al gruppo dei pari. Questo li rende più fragili e più lontani dall’ascolto dei loro veri bisogni. La compagnia virtuale attraverso gli smartphone produce lo stesso effetto, con l’aggravante di distrarre i giovanissimi dalle sensazioni reali di fame e sazietà. L’adolescenza è un tempo di crescita difficile, in cui l’alimentazione, da sempre legame e tramite fra l’individuo e il mondo esterno, gioca nel bene e nel male un ruolo importantissimo. Con il gruppo online “Alimentazione e nutrizione in adolescenza”, previsto per l’inizio di marzo, affronteremo le tematiche relative ai fabbisogni nutrizionali e alle rischi e alle derive cui spesso sono soggetti. Il gruppo è aperto a tutti.

Per informazioni scrivete a giusi.durso@libero.it

Mamma, voglio fare la dieta!

Accade spesso, sempre più di frequente, che i figli adolescenti o ancora più piccoli, comunichino con determinazione la loro decisione di mettersi a dieta. Si informano, soprattutto in rete, riguardo a cosa sarebbe bene mangiare e cosa no per stare in forma, aumentare la muscolatura, ridurre la circonferenza della vita, quella delle cosce, quella dei fianchi. Si confrontano freneticamente sui loro gruppi whatsapp sulla dieta senza grassi, quella senza dietadolci, quell’altra senza carne, senza pasta e senza glutine. Cominciano a dare direttive su cosa mettere a tavola a chi in famiglia si occupa della spesa e a chi di preparare i pasti. E in men che non si dica, il pasto diventa un vero problema: questo non si può, questo non lo vuole più neanche annusare, quest’altro gli piaceva tanto ma adesso lo ha escluso.
Cosa spinge i nostri ragazzi a decidere di privarsi di uno o più alimenti, innescando ansie e preoccupazioni? I motivi possono essere tanti e vari. I modelli estetici con cui i giovanissimi si confrontano quotidianamente sono tendenzialmente fuorvianti: modelle magrissime, personaggi dello spettacolo e dello sport palestrati e prestanti. Potremmo fare un elenco lunghissimo, basterebbe accendere per qualche minuto la tv o navigare fra i siti più cliccati dai ragazzi.
A volte, la sollecitazione a restringere il consumo alimentare nasce dall’imbarazzo davanti al gruppo dei pari che esibisce comportamenti e modelli distanti dalla realtà e che ne fa le chiavi d’accesso al gruppo stesso; oppure dopo un commento troppo pesante riguardo alle forme corporee. Altre volte, può accadere che i genitori siano molto attenti alla forma fisica e che quindi a casa si respiri, volenti o nolenti, aria di “dieta”, che in altre fasi della vita dei figli non sortirebbe alcun effetto. Nella mia esperienza professionale mi capita spesso di ascoltare genitori sopraffatti dai sensi di colpa per il timore che la loro attenzione all’alimentazione sana o una loro scelta alimentare un po’ drastica possano aver influenzato negativamente il proprio figlio o la propria figlia. A questi genitori dico sempre, col cuore in mano, che fare la mamma e il papà è davvero difficile e faticoso e che non devono sentirsi sotto giudizio, né lasciarsi schiacciare dai sensi di colpa, ma che, al contrario, sono stati bravi e attenti a individuare atteggiamenti potenzialmente pericolosi e chiedere aiuto.
Quando è davvero il caso di preoccuparsi al suono della frase “mamma, voglio fare la dieta”?
È bene non drammatizzare e attendere qualche tempo, restando in ascolto e osservando il proprio figlio o la propria figlia: questa scelta potrebbe essere (spesso lo è) momentanea e quindi passeggera. Se l’intervallo di tempo si riduce a qualche settimana, possiamo rilassarci e, senza dimenticare quanto è accaduto, riporre l’ascia di guerra. Se, al contrario, il periodo di restrizione si protrae oltre (mesi), con la tendenza a restringere sempre di più, ad evitare sempre nuovi alimenti e si manifesta con pensieri che diventano ossessivi, o con ansia e angoscia rispetto al cibo e all’atto del mangiare, allora è bene rivolgersi a un esperto, per valutare sia l’aspetto nutrizionale che quello comportamentale. Ricordiamo che nell’infanzia e nell’adolescenza ai fabbisogni nutrizionali di base è necessario aggiungere una quota di energia e nutrienti che supportino la crescita. È facile quindi immaginare come una riduzione calorica importante e prolungata nel tempo possa danneggiare il processo evolutivo, anche in modo importante. La diffidenza e il rifiuto nei confronti del cibo, della condivisione e del tempo trascorso a tavola, se prolungati logorano le relazioni e gli equilibri familiari, innescando paure e pensieri angosciosi ridondDSCN6597anti da cui poi è difficile disimpegnarsi.
Non dimentichiamo, infine, che siamo davanti a una trasformazione profonda e preziosa: il bambino che abbiamo guidato fino a questo momento sta per diventare un adulto, abbandonando vecchi schemi e antiche dipendenze, recuperando autonomia e identità e un’individualità nella quale spesso noi adulti stenteremo a intravedere il cucciolo che abbiamo messo al mondo e che conoscevamo così bene. In questo contesto così dinamico, il cibo rappresenta, e rappresenterà ancora per un po’, un veicolo di messaggi in codice, simbologie ricche e complesse. Sta a noi adulti decifrane i significati, arricchircene a nostra volta e accompagnare il nostro adulto in erba verso ciò che diventerà da grande.

 

 

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L’adolescente, il cibo e la fragilità del gambero

Chiunque si sia trovato alle prese con un (o una) adolescente conosce bene quella sensazione particolare, mista a disagio, rabbia e perplessità, che insorge guardandolo, ascoltandolo e cercando di aprire un varco comunicativo fra il suo tirar su “spallucce” e il suo broncio apparentemente immotivato. Eppure, l’adolescente, nonostante il suo fare spesso spavaldo e strafottente, è un essere fragilissimo e vulnerabile, in balia di vere e proprie trasformazioni, volte a costruire un’identità, attraverso la risoluzione di problemi che lo sviluppo gli pone continuamente davanti. Ciò che noi adulti leggiamo come disordine, distrazione e apatia riflette, in realtà, una metamorfosi interna che esige concentrazione, investimento di attenzione ed energia per metabolizzare i nuovi stimoli, la scoperta di nuove strade possibili da percorrere e imparare a gestire tutte le sollecitazioni che irrompono con violenza e all’improvviso nel suo mondo di bambino. I suoi riferimenti diventano assolutamente esterni al nucleo familiare: se prima la vicinanza dei genitori lo rassicurava, adesso lo mette a disagio e chiede a gran voce un riscatto totale, determinato, senza ripensamenti.
mamma-e-figlia-adolescente_o_su_horizontal_fixedIn questa fase così particolare e complessa, a volte, il cibo assume connotazioni eccezionali e può trasformarsi in strumento di ricatto o di “riscatto”, oggetto di scontri  o “incontri”, simbolo di un modello da rifiutare o, al contrario, di nuove strade da percorrere. Può accadere, infatti, che l’adolescente utilizzi il cibo come un vero e proprio linguaggio, rifiutandolo o imitando le scelte alimentari degli altri o ancora, semplicemente, operando scelte completamente diverse dai modelli familiari, utilizzando spesso il corpo come strumento da frapporre fra se stesso e il resto del mondo.
Si tratta di un efficace modo di attirare l’attenzione degli altri sul proprio stato di “neonato sociale”, sulla propria momentanea fragilità e sui propri bisogni che, mai come in questa fase, necessitano di ascolto, accoglienza e comprensione.
Per spiegare la fragilità e la vulnerabilità di un adolescente, Françoise Dolto, psicanalista infantile francese vissuta nel secolo scorso, paragona l’adolescente al gambero, il quale, prima di fabbricare il guscio nuovo, perde quello vecchio, restando esposto a gravi pericoli. In questa fase, il gambero resta nascosto sotto le rocce e negli anfratti, fino a quando non avrà un nuovo guscio a difenderlo. Se durante il periodo di estrema fragilità subirà delle ferite, esse rimarranno per sempre sotto forma di cicatrici, nonostante il guscio nuovo le ricoprirà.
Il cibo, nel tempo della fragilità del gambero, è la moneta di scambio che l’adolescente baratta con l’attenzione al suo trasformarsi e al suo bisogno di sentirsi autonomo ma comunque guidato e accudito, nonostante gli atteggiamenti ribelli e spavaldi ci inducano a pensare diversamente. Si tratta di un accudimento diverso, ovviamente, di una partita che si gioca su un terreno nuovo, più maturo in cui il genitore dovrà essere in grado di accedere con nuove regole e nuovi linguaggi, senza abdicare al suo ruolo ma concedendo al/alla proprio/a adolescente lo spazio e il tempo di una nuova, fondamentale e formativa autonomia, anche in campo alimentare. Senza rigidità, senza traumi, senza giudizi lapidari.
Il modello familiare rappresenterà, sempre e comunque, uno stampo originale su cui costruire le scelte del nuovo individuo. Una volta costruita la nuova “corazza”, il gambero non temerà il ritorno a questo modello che integrerà con le sue nuove scelte, con coraggio, consapevolezza e indipendenza.

 

Immagine tratta dalla rete

Cibo e metabolismo spiegati ai bambini

Una interessante revisione pubblicata di recente su American Society of Nutrition sottolinea che, a fronte di una cospicua mole di lavori scientifici sul comportamento alimentare degli adulti,  non vi è pari produzione riguardo al comportamento alimentare dei bambini e degli adolescenti. E’ strano, a pensarci bene, vista l’importanza e l’urgenza di fare proprio nelle prime fasi della vita un’efficace prevenzione dell’obesità e di altre patologie, metaboliche e non, attraverso una corretta alimentazione.
In tutta franchezza, per quanto sia auspicabile che la ricerca fornisca al riguardo quanti più dati possibile, credo che la scienza sia già in grado di fornire delle indicazioni sufficientemente precise e accurate per poter effettuare, a largo spettro, politiche alimentari virtuose. Intanto, senza la pretesa di estendere metodiche ambulatoriali a popolazioni numerose, una delle cose che chi ha il privilegio di lavorare anche con bambini e adolescenti potrebbe e dovrebbe fare è fornire più strumenti possibile ai piccoli pazienti e alle loro famiglie.
DSCN6199Concetti come l’impatto glicemico di un alimento, la combinazione corretta dei cibi che compongono un pasto, il ruolo della fibra sul microbiota intestinale, la regolazione dell’appetito e della sazietà, le conseguenze dello stress sul metabolismo rappresentano, una volta acquisiti, strumenti preziosi di autoregolazione e di scelta consapevole. Ovviamente, è d’obbligo l’attenzione alle modalità con cui questi vengono proposti, la quale deve tener conto di molteplici fattori, quali l’età del bambino, la problematica che lo ha condotto nel nostro studio, la possibilità di collaborazione coi genitori, il possibile inserimento dell’individuo in un gruppo e molto altro ancora: tutte cose che saranno evidente dopo un’attenta e dettagliata anamnesi e successiva meticolosa analisi del caso.
Un’altra occasione per fornire questo tipo di supporto è fornita dall’educazione alimentare  a scuola: nel gruppo classe, infatti, i bambini e i ragazzi sono particolarmente ben disposti all’acquisizione di nuove conoscenze, soprattutto se affrontate in modo pratico ed esperienziale. ed. alim.
In generale, dunque, ritengo importante e irrinunciabile che i percorsi di riabilitazione nutrizionale destinati a bambini e adolescenti non si limitino soltanto alla mera indicazione di scelte alimentari consone e agli abituali controlli del peso e della composizione corporea, ma mirino a fornire coscienza delle modificazioni comportamentali e dei risultati che con esse arriveranno.
A dirla tutta, è una modalità con cui cerco di costruire tutti i percorsi nutrizionali, certa che la bontà e l’efficacia di un percorso, a chiunque esso sia destinato, siano il risultato non solo della competenza e dell’attenzione, ma anche della capacità di rendere fruibile concetti articolati e complessi come quelli relativi a cibo e salute. Non c’è nulla che non possa tradursi in linguaggio accessibile: l’importante è possedere l’elasticità, la creatività e l’empatia necessari una buona e corretta comunicazione.

Review citata: http://pubmedcentralcanada.ca/pmcc/articles/PMC4717882/pdf/an009357.pdf

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L’epigenetica e l’obesità infantile. Capire per agire.

Immagine tratta dalla rete

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IOM (Institute of Medicine). 2015

Negli ultimi anni lo studio dell’epigenetica, cioè dei cambiamenti dell’espressione dei geni in seguito a stimoli ambientali, ha chiarito molti aspetti dei meccanismi legati all’espressione genica. Oggi sappiamo che in natura tutti gli organismi viventi ricevono stimoli dall’ambiente e che questi possono cambiare il modo in cui i geni si “accendono” o si “spengono”.
Nonostante il cammino della scienza sia ancora lungo, lo studio dei meccanismi epigenetici sta già rispondendo a molte domande che i ricercatori si ponevano da tempo. Le più importanti riguardano forse lo sviluppo di malattie metaboliche: come può l’ambiente influenzare l’insorgenza di queste patologie? Quanto è importante questa influenza esterna sull’espressione dei geni che condizionano il nostro comportamento alimentare e il nostro metabolismo?
Da vari studi, recenti e non, è noto che il rischio di obesità è influenzato dalla relazione dinamica fra l’ambiente, la genetica e le prime fasi di sviluppo del bambino. In particolare, a destare preoccupazione è l’obesità infantile con le sue conseguenze a breve e lungo termine, viste le dimensioni e la diffusione del fenomeno e il relativo aumento della spesa sanitaria.
L’analisi delle relazioni fra epigenetica e sviluppo di obesità è ancora in corso, ma esaminare queste prime idee iniziali, su cosa e come si può cambiare, potrebbe condurre a nuove soluzioni per la prevenzione dell’obesità infantile.
Uno degli studi epidemiologici più importanti al riguardo è quello relativo alla carestia olandese del 1944, seguita dall’aumento del rischio di obesità, ipertensione, diabete tipo II e addirittura disturbi psicopatologici come schizofrenia e depressione, nei discendenti. I meccanismi con cui questo aumentato rischio era trasmesso erano meccanismi epigenetici: nei feti esposti alla restrizione calorica materna, rispetto ai nati nei periodi precedenti o seguenti la carestia, c’era quindi una maggiore incidenza delle suddette patologie. Questo fenomeno è stato interpretato come un meccanismo ad alto significato evolutivo: l’organismo in formazione registra le caratteristiche dell’ambiente in cui crescerà e si adatta, a costo di ammalarsi in seguito con maggiore probabilità. Dunque, l’epigenetica ha un’influenza importante sulle origini dell’obesità, dallo sviluppo fetale ai primissimi anni di vita.
Alcuni gruppi di ricerca si sono concentrati in modo specifico sulla nutrizione materna e paterna. Studi su topi geneticamente identici esposti in utero a diete materne differenti mostrano che si possono sviluppare fenotipi molto diversi, includendo differenti pesi e differenti conformazioni fisiche. In particolare, topi che dovrebbero normalmente essere obesi acquisiscono un fenotipo magro se la loro madre è esposta a una dieta fortificata con colina, acido folico e vitamina B12, che influenzano la metilazione del DNA in un locus genetico particolare. Analogamente, in vari modelli animali, diete ad alto tenore di grasso durante la gestazione risultano associate a diverse espressioni geniche relative al metabolismo lipidico, a quello glucidico, alla regolazione dell’appetito. Questa espressione genetica alterata può influenzare il metabolismo lipidico e carboidratico della prole, con influenze sul fenotipo delle generazioni successive. Alcuni di questi effetti possono essere mitigati se la nutrizione post natale è correttamente bilanciata e, in particolare, se ha una adeguata composizione lipidica.
L’alimentazione materna durante la gestazione influenza anche il microbiota* della madre e dei suoi figli. In uno studio giapponese sui macachi, ad esempio, madri alimentate con tipica dieta occidentale, ricca di grassi animali, subiscono una traslazione verso specie del microbiota che influenzano il metabolismo lipidico e attivano meccanismi pro infiammatori. Questa modificazione si registra anche nella prole.
Alcuni studi sostengono inoltre che anche l’alimentazione paterna abbia un ruolo importante, poiché modificazioni epigenetiche sembrano agire sulle caratteristiche dello spermatozoo che fertilizza l’oocita. Nei ratti, ad esempio, una dieta paterna ad alto tenore di grassi provocava una disfunzione delle beta cellule pancreatiche nelle femmine della prole. Anche l’obesità paterna sembra influenzare la salute metabolica a riproduttiva della prole per molte generazioni. È chiaro, dunque, che l’alimentazione dei genitori può rappresentare un fattore epigenetico di grande impatto sul fenotipo comportamentale e metabolico della prole.
Questa mole di conoscenze, ancora in via di approfondimento e sviluppo, può contribuire ad approntare, in modo mirato ed efficace, progetti di prevenzione dell’obesità infantile, attraverso programmi di informazione e sensibilizzazione a partire dai percorsi di accompagnamento alla nascita, passando per quelli di supporto all’allattamento naturale e procedendo con l’educazione alimentare in età scolare e nell’adolescenza.

 

Note 

*la comunità di organismi unicellulari che vive in stretta associazione con il nostro organismo.

LA seconda immagine è tratta da IOM (Institute of Medicine). 2015. Examining a developmental approach to childhood obe- sity: The fetal and early childhood years: Workshop summary. Washington, DC: The National Academies Press.

Riferimenti e approfondimenti:

Joss-Moore LA et al. 2015. Epigenetic contributions to the developmental origins of adult lung disease. Biochem Cell Biol;93:119-27.

Lane RH. Fetal programming, epigenetics, and adult onset disease. Clin Perinatol 2014;41:815-31.

Majnik AV, Lane RH. 2015. The relationship between early-life environment, the epigenome and the microbiota. Epigenomics;7:1173-84.

Dobbs, D. 2013. The social life of genes. Pacific Standard, September 3.

Lillycrop, K. A., and G. C. Burdge. 2011. Epigenetic changes in early life and future risk of obesity. International Journal of Obesity 35(1):72-83.

Peterson J. Et al. 2009. The NIH human microbiome project. Genome Research 19(12):2317-2323.

Friedman J. E. 2015. Obesity and gestational diabetes mellitus pathways for programming in mouse, monkey, and man—where do we go next? The 2014 Norbert Freinkel Award lecture. Diabetes Care 38(8):1402-1411.

Kumar H. et al. 2014. Gut microbiota as an epigenetic regulator: Pilot study based on whole-genome methylation analysis. MBio 5(6): e02113-e02114.

Lane M. et al. 2015. Peri-conception parental obesity, reproductive health, and transgenerational impacts. Trends in Endocri- nology and Metabolism 26(2):84-90.

 

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Corso ABNI di Nutrizione Pediatrica

PEDIATRIA MAGGIO 2015(3)Dal 22 al 24 maggio 2014 a Rimini, presso il Suite Hotel Litoraneo, si svolgerà il corso di Nutrizione Pediatrica destinato ai biologi, medici nutrizionisti e psicologi. Per informazioni ed iscrizioni: corsi@abni.it, oppure consultare il sito. Il programma delle lezioni verrà svolto da personale qualificato, il corso è stato accreditato per l’Educazione Continua in Medicina con 25 crediti.

Visita il sito abni.it

L’adolescente, il cibo e la fragilità del gambero!

Chiunque si sia trovato alle prese con un adolescente conosce bene quella sensazione particolare, mista a disagio e perplessità, che insorge guardandolo, ascoltandolo e cercando di aprire un varco comunicativo fra il suo tirar su “spallucce” e il suo broncio immotivato. Eppure, l’adolescente, nonostante il suo fare spesso spavaldo e strafottente, è un essere fragilissimo e vulnerabile, in balia di vere e proprie trasformazioni, volte a costruire un’identità, attraverso la risoluzione di problemi che lo sviluppo gli pone continuamente davanti.

In questa fase così particolare e complessa, il cibo assume spesso connotazioni eccezionali e si trasforma, qualche volta, in strumento di ricatto o di “riscatto”, oggetto di scontri  o “incontri”, simbolo di un modello da rifiutare o, al contrario, di nuove strade da percorrere. Può accadere, infatti, che l’adolescente utilizzi il cibo come un vero e proprio linguaggio, rifiutandolo o imitando le scelte alimentari degli altri o ancora, semplicemente, operando scelte completamente diverse dai modelli familiari, utilizzando spesso il corpo come strumento da frapporre fra se stesso e il resto del mondo.

Si tratta di un modo per richiamare l’attenzione degli altri sul proprio stato, sulla propria momentanea fragilità e sui propri bisogni che, mai come in questa fase, necessitano di ascolto, accoglienza e comprensione.

Per spiegare la fragilità e la vulnerabilità di un adolescente, F. Dolto, psicanalista infantile francese vissuto nel secolo scorso, paragona l’adolescente al gambero, il quale, prima di fabbricare il guscio nuovo, perde quello vecchio, restando esposto a gravi pericoli. In questa fase, il gambero resta nascosto sotto le rocce e negli anfratti, fino a quando non avrà un nuovo guscio a difenderlo. Se durante il periodo di estrema fragilità subirà delle ferite, esse rimarranno per sempre sottoforma di cicatrici, nonostante il guscio nuovo le ricoprirà.

Il 31 marzo 2012, alle 9, 00, presso la sede della Cia di Pisa, ci sarà un incontro dedicato all’alimentazione in adolescenza, per confrontarsi, capire ed approfondire questo tema così delicato.