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La dieta perfetta

L’attenzione al peso corporeo e alla salute è una buona pratica che permette di star bene con noi stessi e di prevenire gran parte delle patologie. Ma come si fa a perdere il peso in eccesso? Qual è la dieta perfetta? E, soprattutto, esiste una dieta perfetta? Ebbene, se con l’aggettivo perfetta intendiamo adatta a tutti ed efficace sempre e su ognuno di noi, la risposta è no, non esiste. Esiste invece la dieta (dal greco diaita, cioè stile di vita) che possiamo affrontare, sostenere e mantenere nel tempo. Cioè lo stile di vita, compreso quello alimentare, che viene incontro ai nostri bisogni fisici e psicologici; quello che, pur facendoci perdere il peso in eccesso, ci fa stare bene e in equilibrio con le nostre emozioni e con il nostro corpo.

Tuttavia, non è facile come sembra. Le buone pratiche alimentari si acquisiscono modificando comportamenti spesso radicati in profondità. Sostituire le vecchie abitudini con quelle nuove richiede molta motivazione. Le nuove pratiche devono risultare quindi sostenibili e, se possibile, gratificanti per l’individuo che si appresta a fare un percorso di recupero del peso salutare. Per questo motivo non è necessario e nemmeno consigliabile sottoporsi a estenuanti percorsi restrittivi, pieni di rinunce e frustrazioni, né delegare il proprio dimagrimento a fantasiosi e improbabili sistemi promossi in rete o a miracolose pozioni che sostituiscono i pasti. In assenza di patologie, infatti, il percorso migliore è quello che rende pro-attivi e consapevoli e che offre all’individuo la possibilità di acquisire nuovi e migliori strumenti di scelta e gestione del proprio cibo. Imparare a mangiare bene, a muoversi e a prendersi cura di sé è importante e si può imparare: ognuno con i propri tempi, con le proprie abilità e propensioni. A condizione, ovviamente, di volersi bene.

Articolo pubblicato su Dimensione Agricoltura – febbraio 2020

 

Si fa presto a dire “dieta”!

limone1Per strutturare una dieta, oggi il nutrizionista ha a disposizione una serie di strumenti che rendono il lavoro agile e preciso. Possiamo fare affidamento su numerose formule predittive per il calcolo del metabolismo basale, strumenti sofisticati per un calcolo ancora più affidabile, altrettanti presidi per valutare gli introiti energetici e nutrizionali, altri ancora per valutare lo stato nutrizionale. Per non parlare dei software disponibili in commercio che velocizzano e ottimizzano i conteggi calorici e la ripartizione dei nutrienti nei vari pasti giornalieri. Vista così, la professione del nutrizionista sembra semplice e priva di alcun intoppo. La realtà però è diversa e il motivo principale risiede nella necessità di rendere un piano alimentare, un consiglio nutrizionale o di integrazione adatti a quell’individuo, con quello stato nutrizionale, quelle caratteristiche metaboliche, quei particolari gusti e, se c’è, quella particolare patologia.
Esistono linee guida generali per una sana alimentazione, destinate a tutta la popolazione; consigli che in ogni caso è bene seguire per mantenersi in salute, come fare attività fisica ogni giorno, non esagerare con i dolciumi e le carni conservate, fare attenzione alla qualità dei grassi, ecc. Ma ogni individuo, ci piaccia o no, è diverso dall’altro e questa diversità è la questione di base con la quale il nutrizionista deve fare i conti. Questo è il motivo per cui una dieta non può essere uguale a un’altra, non si può condividere con un’amica o un parente; lo stesso vale per un dato integratore alimentare. Dietro ogni scelta operativa legata al percorso nutrizionale c’è uno studio attento ai bisogni e alle dinamiche metaboliche che richiede competenze, tempo ed energia. La personalizzazione è un passo obbligato, e deve considerare categorie diverse di persone e periodi diversi della vita di uno stesso individuo. Così, un bambino mangerà qualitativamente e quantitativamente in modo diverso da  un adulto e un anziano; una donna fertile diversamente da una donna in terza età; uno sportivo diversamente da un sedentario. Così, ci saranno casi in cui una dieta non è la soluzione e altri, invece, in cui lo è!
IMG_1947Se si è in presenza di una o più patologie la faccenda si complica ulteriormente: il nutrizionista deve, in piena collaborazione e intesa con i medici, tenerne conto e saper strutturare un percorso nutrizionale sinergico con le eventuali terapie, che supporti l’organismo durante il decorso  e la convalescenza, per un’ottimale ripresa organica, tessutale e metabolica.
La complessità dell’essere umano e la sua individualità genetica, emotiva e metabolica richiedono, di volta in volta, attenzione e modalità operativa assolutamente personalizzate. Ecco perché parlare di dieta in senso generico non ha molto senso e rischia di creare malintesi e pregiudizi.

 

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Dimagrimento e microbiota intestinale.

Fino a qualche decennio fa se qualcuno avesse messo in relazione il peso corporeo con la fisiologia intestinale, probabilmente, sarebbe stato considerato un folle visionario. Una parte così poco nobile del nostro corpo può influenzare il metabolismo e l’effetto delle sue disfunzionalità? Lo avremmo chiesto in tanti, magari senza nascondere un pizzico di scetticismo. Eppure, oggi, nessuno si scandalizza sentendo parlare delle influenze che il secondo cervello può esercitare su molte funzioni del nostro organismo. È ormai noto, infatti, che il metabolismo riceve molti segnali regolatori dall’intestino e, in particolare, che la composizione batterica del microbiota, ovvero l’ecosistema batterico che lo popola, può giocare un ruolo importante nell’instaurarsi dell’obesità e di altre patologie, metaboliche e non.
Recentemente innumerevoli evidenze hanno dimostrato come e in quale misura il microbiota intestinale può contribuite all’instaurarsi di patologie quali sindrome metabolica, insulino-resistenza, obesità e diabete di tipo II. In particolare, esso pare strettamente legato agli assorbimenti, al bilancio energetico, all’omeostasi del glucosio e al grado di infiammazione sistemica legata all’obesità. Esperimenti su campioni fecali umani hanno evidenziato la presenza preponderante di particolari phyla batterici nei profili genetici microbici degli obesi. L’ecologia microbica intestinale e il grasso corporeo negli esseri umani è infatti legato a una minore presenza di Bacteroidetes e a una maggiore presenza di Firmicutes, caratterizzati – questi ultimi – da una maggiore capacità rispetto ad altri batteri di metabolizzare carboidrati non digeribili per estrarne energia. La perdita di peso è legata a una riduzione di Firmicutes, una maggiore presenza di Bacteroidetes e in generale una maggiore biodiversità microbica. Queste importanti modificazioni sono facilitate, supportate e mantenute da uno stile di vita sano e un’alimentazione ricca di prebiotici, ovvero di componenti alimentari necessari a nutrire e mantenere in salute il microbiota.
La letteratura scientifica, quindi, indica una strada possibile e percorribile nel trattamento dell’obesità e del sovrappeso: stile di vita sano, dieta adeguata, microbiota a posto!

Grafico peso
BMII grafici riportati di seguito sono relativi a un percorso di dimagrimento in una mia paziente obesa di 47 anni, che, oltre a cambiare le sue abitudini alimentari attenendosi a un piano dietetico aderente ai suoi gusti ma tendente alla riduzione di picchi glicemici e al maggiore consumo di fibra ,  frutto-oligosaccaridi e galatto-oligo-saccaridi, ha iniziato un protocollo di ripopolamento e mantenimento del microbiota intestinale, a base di particolari ceppi di Lactobacilli e Bifidobatteri. Quest’ultimo strumento ha portato a una maggiore regolarità intestinale e ha coadiuvato la perdita di peso, anche in presenza di una scarsa attività fisica. Ma la cosa che più colpisce in questo percorso, iniziato da nove settimane, è la modificazione del gusto e della richiesta alimentare quotidiana: la signora, infatti, non sente più la necessità di zuccheri semplici e ha ridotto spontaneamente le porzioni delle pietanze, in quanto più sazia e più gratificata dalle nuove sensazioni di benessere che il percorso le procura.

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Per approfondire:
1475-2859-10-S1-S10
ismej2011212a
http://www.eufic.org/article/it/artid/The_role_of_gut_microorganisms_in_human_health/

 

 

 

L’obeso non è solo il suo peso!

IMG_2150Con gli anni, ho imparato dal mio lavoro che la prima cosa da valutare nei casi di sovrappeso e obesità non è il peso in eccesso, ma l’individuo stesso, fatto di pensieri, comportamenti, gusti, disgusti, emozioni e sentimenti. Valutare solo il suo peso è riduttivo, così come lo è mirare al solo dimagrimento. Una volta raggiunto un peso accettabile, le sue abitudini pregresse torneranno a farla da padrone se non abbiamo lavorato per ristrutturarle e riabilitarle. Il percorso nutrizionale deve essere sostenibile e personalizzato, prevedere momenti di autovalutazione e confronto con altri individui; porre al primo piano la gestione dell’appetito e delle trasgressioni, coerentemente con le abitudini e i bisogni della persona.   Poiché solo acquisendo strumenti pratici e funzionali l’individuo sarà in grado di affrontare i momenti di fragilità e gestirli al meglio. Evitare trasgressioni e gratificazioni significa eludere il problema e rimandarne la soluzione, instaurando un circolo vizioso fra le compulsioni e i sensi di colpa. E’ importante chiarire da subito che gli obiettivi si raggiungono con la collaborazione,  la fiducia nel trattamento e nelle proprie abilità. E, poiché chi ben comincia è a metà dell’opera, credo si debba iniziare da una comunicazione corretta e un atteggiamento di accoglienza e ascolto. Solo così si può riabilitare, risolvere e costruire

uomoL’immagine è relativa al trattamento di riabilitazione nutrizionale di un uomo obeso di 40 anni, in assenza di complicanze. Il suo Indice di Massa Corporeo (IMC, o BMI in inglese) si è ridotto in maniera sostanziale e graduale, sin dalle prime settimane di trattamento (fino a questo momento, 14 settimane): l’individuo non è stato sottoposto a nessuna dieta restrittiva, ma è stato rieducato alla scelta di cibi adeguati, alla gestione dell’appetito, di eventuali momenti di compulsione e di momenti di condivisione a tavola (feste, aperitivi con gli amici, ecc.). Oltre alla rieducazione alimentare, sta seguendo un’attività fisica quotidiana e moderata.

 

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Immagine e testo di Giusi D’Urso

Calorie? No, grazie, vado a molecole!

limone1Le diete, si sa, sono strettamente imparentate alle calorie. O meglio, alla restrizione calorica. La parola dieta, in genere, non ci fa venire in mente l’antica Diaita che significa stile di vita; ma suscita una sorta di fastidioso senso di rinuncia, richiama inevitabilmente il sacrificio e la privazione.
Chi si mette a dieta, dunque, riduce le calorie. Le conta e le riconta, le taglia, le identifica immediatamente sulle etichette alimentari e passa parte del proprio tempo ad imparare come distribuirle durante la giornata e come compensare ogni volta che il suo istinto, la sua gola o la sua fame lo renderanno vulnerabile di fronte alla vetrina di un pasticcere, allo scaffale di un supermercato o alla dispensa di casa. L’industria alimentare, dal canto suo, offre prodotti “calibrati” ed equilibrati dal punto vista calorico, che vantano sulle confezioni il miracoloso obiettivo del dimagrimento in salute e bellezza.
Le diete ipocaloriche, diciamolo, sono comunque un vero incubo, che peraltro ha scarse ricadute sul mantenimento del peso forma a medio e lungo termine.
A fronte di una così diffusa pratica che pone un’attenzione quasi maniacale alla quantità di cibo assunto, c’è ancora una scarsa considerazione per la qualità di ciò di cui ci nutriamo.
In realtà, ripensando alle calorie, non siamo macchine termiche ma macchine chimiche: ogni volta che mangiamo, il sangue e l’intero organismo si modificano profondamente sia dal punto di vista ormonale che metabolico. Dopo ogni atto alimentare, dunque, siamo diversi rispetto a prima di mangiare. E questo non tanto a causa delle calorie introdotte, ma delle molecole di cui è costituito il nostro cibo. Così, gli zuccheri alzeranno la glicemia del sangue e indurranno produzione di insulina, i grassi verranno portati al fegato e distribuiti nei tessuti di riserva, alle cellule per il ricambio delle loro membrane, serviranno al trasporto delle vitamine liposolubili, costituiranno nuove guaine mieliniche per i nervi; così, le proteine andranno a costituire ossa e muscoli, formeranno anticorpi, enzimi e molecole ormonali. E a seguire, tutti gli altri nutrienti, in un grande fermento metabolico variegato, interattivo e complesso che sta alla base della nostra vita e della nostra salute.
È comunemente noto che un grammo di proteine o di carboidrati forniscono entrambi circa 4 grandi calorie; ma è altrettanto nota la funzione diversa che i due principi alimentari esercitano nel nostro organismo. In sostanza, due cibi possono fornire la stessa quantità di calorie ma essere qualitativamente e funzionalmente molto diversi.
Oltre ai nutrienti, il cibo, soprattutto quello industriale, può contenere additivi che si accumulo nel corso della catena produttiva. Quello proveniente da agricoltura intensiva conterrà tracce di pesticidi, fertilizzanti, ecc. Quello proveniente da paesi lontani sarà nutrizionalmente un p’ più povero.
Quindi, tornando alla dieta e alle rinunce che essa reca con sé, forse è il caso di riflettere sul non senso di certi calcoli e certi sacrifici e di informarsi meglio sulla qualità, e quindi sulla provenienza, del nostro cibo. È il caso, allora, di porci domande quali: meglio uno snack dietetico che contiene grassi tropicali e conservanti o una fettina di pane integrale con un buon olio extra vergine d’oliva? Meglio imparare a cucinare con pochi grassi o affidarsi a piatti dietetici pronti? Meglio un centrifugato di ortaggi di stagione o il beverone dietetico di turno?
Chi non si pone queste domande continua ad illudersi che il suo peso dipenda esclusivamente dalle calorie assunte e continua a delegare ad “altri” il suo benessere personale, dimenticando che ognuno è il trainer di se stesso. Una caloria non vale l’altra e il nostro metabolismo, depositario di una sapienza genetica millenaria, lo sa benissimo!

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Pericolose interpretazioni

cropped-IMG_1909.jpgHo sempre pensato che la lingua italiana abbia l’immenso privilegio delle origini antiche e la generosità di espressioni molto variegate e versatili. È una lingua bellissima, ricca di sostantivi, aggettivi, sinonimi che si prestano a diversi significati, ad espressioni sfaccettate e sfumate. Rifletto spesso sulle parole, sulla loro origine, sul loro suono; e ce n’è una su cui da tempo mi arrovello: dieta.

Gli antichi greci, coniando il termine diaita, non avevano di certo in mente né il concetto di caloria né quello restrittivo di rinuncia alimentare finalizzata al dimagrimento.
È noto, invece, che questo termine, da cui oggi deriva il nostro abusatissimo “dieta”, significasse cura dello stile di vita per mantenersi in salute. Che ne è stato col passare del tempo di questo “senso” così prezioso?
Questa parola così piccola, col suo fardello di senso da portarsi dietro, generazione dopo generazione, epoca dopo epoca, moda dopo moda è arrivata fino a noi assolutamente irriconoscibile. Ed eccoci qui, a comprare libri su questa dieta o quell’altra, a metterci a dieta prima dell’estate, a prendere al volo offerte fantastiche di consulenze gratuite e diete on line, ad affidarci ad “house” più o meno specializzate che ci vendono prodotti dietetici a peso d’oro.

È accaduto che ognuno di noi, almeno una volta nella propria vita, si sia ritrovato a leggere mestamente un foglietto in cui da una parte figurano gli alimenti dietetici e dall’altro i grammi e le calorie corrispondenti. È accaduto e accade che inimmaginabili “esperti” abbiano ritenuto legittimo “sfornare” diete: chiunque abbia pensato che occuparsi (professionalmente o meno) di bellezza, salute, corpo, terra e cucina possa automaticamente rendere competenti sul tema “nutrizione” e, dunque, abilitati a fornire piani alimentari e dispensare consigli di dietistica. In fondo – si vocifera – per perdere peso basta mangiare meno e fare ginnastica!
Questo è accaduto, modificando così profondamente il significato di quella piccola parola.

Quante pericolose interpretazioni!

Se, per ipotesi fantastica, potessimo prescrivere una dieta dimagrante a una pecora, innegabilmente e irrimediabilmente erbivora, credo che i danni sarebbero ridottissimi; ci limiteremmo in fondo a farle perdere peso (oltre che a generare il cruccio sacrosanto della pecorella in questione!). L’essere umano, invece, avendo accesso ad una miriade di nicchie alimentari, è fornito di strumenti sofisticati di “adattamento nutrizionale”, grazie ai quali ha superato fasi storiche che hanno messo a dura prova la sua sopravvivenza. Egli, onnivoro e fisiologicamente neofobico, si ferma, diffidente, di fronte ad un cibo sconosciuto e lo assaggia con prudenza (pensiamo ai bambini!), valutandone eventuali effetti pericolosi. Questo significa che il cibo, per l’uomo, ha connotazioni complesse, antiche, articolatissime, come ad esempio quella sociale ed emozionale, da cui, volente o nolente, non può prescindere.

Le restrizioni, l’eccessivo controllo nella scelta alimentare, il totale disinteresse per la qualità, la provenienza e il gusto del cibo fanno parte del nuovo, dissacrante e distruttivo, significato della piccola parola diaita che, a nostra insaputa o a nostro dispetto, sta devastando il rapporto che l’uomo ha faticosamente e “sperimentalmente” costruito con il cibo di cui si nutre. Quest’ultimo, dunque, è diventato ora un nemico ora un farmaco; ora una pozione magica ora una panacea. Viene addizionato di vitamine, minerali e omega tre per essere “funzionale” e potenzialmente “protettivo”; viene demonizzato o mitizzato; diventa oggetto di sproloqui e di sentenze lapidarie, sui giornali, in tv, sui social; assurge a tema centrale di trasmissioni televisive propinateci compulsivamente ed ossessivamente. Senza pensare alle conseguenze. Senza immaginare, tanto meno spiegare, la meraviglia e la complessità di ciò che il cibo fa dentro ognuno di noi, né la strada che esso ha compiuto per arrivare fino al nostro piatto.
Nutrire e nutrirsi, ovvero prendersi cura di se stessi e degli altri. Perché discuterne in un salotto televisivo? Perché utilizzare l’argomento per titoli allarmistici sui giornali? E’ la Scienza, semmai, che deve occuparsene facendo molta, moltissima attenzione a non attentare ai significati originali e restituendo a tutti noi il vero “senso” di cose e parole.

Diaita. A me questa parola piace. Continuo a scriverla, a pronunciarla a voce alta e a godere del suono che produce. La scrivo sui miei quaderni, sull’agenda, sui miei libri…Diaita, la cura di sé, l’istinto e il piacere di mantenersi in salute. E il cibo? Dove collochiamo, allora, questo preziosissimo strumento di sopravvivenza? Insieme alla mia parola preferita, nella scatola mnemonica dell’ “istinto”, accanto a quella della “consapevolezza” e dell’ “ascolto di noi stessi”, senza cadere nelle trappole commerciali, senza lasciarsi tentare dalle strade in discesa che conducono ad obiettivi effimeri, senza disimparare chi siamo e da dove veniamo e, soprattutto, senza permettere a nessuno di cambiare il senso di cose così importanti come il nostro rapporto con il cibo.

foto di Giusi D’Urso

Un bel contributo del collega Marcelli

DIETE? NO, GRAZIE

Come mai, nonostante tante diete e sistemi miracolistici proposti tutti i giorni da giornali, riviste, televisioni e negozi specializzati, l’obesità è in costante aumento piuttosto che diminuire?
Impariamo a conoscere cosa succede quando ci mettiamo a dieta.

STRATEGIE PER DIMAGRIRE

Sono in molti a credere che il sovrappeso e l’obesità siano condizioni derivanti solo da un’eccessiva assunzione di cibo. La strada da seguire per risolvere il problema è già tracciata.
Due sono, infatti, le strategie adottate:

  • ridurre la quantità di cibo (rilevante riduzione o dieta severa);
  • incrementare i tempi da dedicare all’attività fisica (palestra).

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Calorie? No, grazie, vado a molecole!

Le diete, si sa, sono strettamente imparentate alle calorie. O meglio, alla restrizione calorica. La parola dieta, in genere, non ci fa venire in mente l’antica Diaita che significa stile di vita; ma suscita una sorta di fastidioso senso di rinuncia, richiama inevitabilmente il sacrificio e la privazione.

Chi si mette a dieta, dunque, riduce le calorie. Le conta e le riconta, le taglia, le identifica immediatamente sulle etichette alimentari e passa parte del proprio tempo ad imparare come distribuirle durante la giornata e come compensare ogni volta che il suo istinto, la sua gola o la sua fame lo renderanno vulnerabile di fronte alla vetrina di un pasticcere, allo scaffale di un supermercato o alla dispensa di casa. L’industria alimentare, dal canto suo, offre prodotti “calibrati” ed equilibrati dal punto vista calorico, che vantano sulle confezioni il miracoloso obiettivo del dimagrimento in salute e bellezza.

Le diete ipocaloriche, diciamolo, sono comunque un vero incubo, che peraltro ha scarse ricadute sul mantenimento del peso forma a medio e lungo termine.

A fronte di una così diffusa pratica che pone un’attenzione quasi maniacale alla quantità di cibo assunto, c’è ancora una scarsa considerazione per la qualità di ciò di cui ci nutriamo.

In realtà, ripensando alle calorie, non siamo macchine termiche ma macchine chimiche: ogni volta che mangiamo, il sangue e l’intero organismo si modificano profondamente sia dal punto di vista ormonale che metabolico. Dopo ogni atto alimentare, dunque, siamo diversi rispetto a prima di mangiare. E questo non tanto a causa delle calorie introdotte, ma delle molecole di cui è costituito il nostro cibo. Così, gli zuccheri alzeranno la glicemia del sangue e indurranno produzione di insulina, i grassi verranno portati al fegato e distribuiti nei tessuti di riserva, alle cellule per il ricambio delle loro membrane, serviranno al trasporto delle vitamine liposolubili, costituiranno nuove guaine mieliniche per i nervi; così, le proteine andranno a costituire ossa e muscoli, formeranno anticorpi, enzimi e molecole ormonali. E a seguire, tutti gli altri nutrienti, in un grande fermento metabolico variegato, interattivo e complesso che sta alla base della nostra vita e della nostra salute.

È comunemente noto che un grammo di proteine o di carboidrati forniscono entrambi circa 4 grandi calorie; ma è altrettanto nota la funzione diversa che i due principi alimentari esercitano nel nostro organismo. In sostanza, due cibi possono fornire la stessa quantità di calorie ma essere qualitativamente e funzionalmente molto diversi.

Oltre ai nutrienti, il cibo, soprattutto quello industriale, può contenere additivi che si accumulo nel corso della catena produttiva. Quello proveniente da agricoltura intensiva conterrà tracce di pesticidi, fertilizzanti, ecc. Quello proveniente da paesi lontani sarà nutrizionalmente un p’ più povero.

Quindi, tornando alla dieta e alle rinunce che essa reca con sé, forse è il caso di riflettere sul non senso di certi calcoli e certi sacrifici e di informarsi meglio sulla qualità, e quindi sulla provenienza, del nostro cibo. È il caso, allora, di porci domande quali: meglio uno snack dietetico che contiene grassi tropicali e conservanti o una fettina di pane integrale con un buon olio extra vergine d’oliva? Meglio imparare a cucinare con pochi grassi o affidarsi a piatti dietetici pronti? Meglio un centrifugato di ortaggi di stagione o il beverone dietetico di turno?

Chi non si pone queste domande continua ad illudersi che il suo peso dipenda esclusivamente dalle calorie assunte e continua a delegare ad “altri” il suo benessere personale, dimenticando che ognuno è il personal trainer di se stesso. Una caloria non vale l’altra e il nostro metabolismo, depositario di una sapienza genetica millenaria, lo sa benissimo.

 

 

Mamma, voglio fare la dieta!

L’adolescenza, si sa, è un periodo di stravolgimenti fisici e psichici cui i nostri figli vanno incontro, che genera non poche conseguenze pratiche, arrabbiature comprese! Oltre alle richieste di uscire da soli, restare ore al telefono con non si sa bene chi e avere quei jeans tanto sciatti quanto costosi, arriva, soprattutto per le ragazze, l’immancabile momento di insoddisfazione per il proprio corpo. Ecco che, improvvisamente, da un giorno all’altro, ci si sente dire “mamma, voglio fare la dieta!”. Guardiamo nostra figlia, che ci sembra perfetta, e le chiediamo il perché. La risposta, immancabilmente, ci disorienta: “Sono grassa!”.

 

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