Una bustina dal colore dorato, o azzurro, a seconda che si tratti di una cena o di un dolce. Scioglierne in acqua il contenuto, senza nemmeno chiedersi di cosa è fatto. Sedersi a tavola (ma non è così strettamente necessario) contenti perchè quella tisana ci farà perdere peso e, pensate, senza neanche aver cucinato. Beh, il massimo, no?
Peccato che “mangiare” sia un’altra cosa. Peccato che le bustine siano costosissime e non siano “cibo”. Peccato che questa idea sia frutto della mente di un imprenditore figlio di erboristi (con tutto il rispetto), non un medico, non un biologo, non un biochimico. Peccato che la sua ambizione reale non sia quella di far stare bene la gente, ma di vendere il suo prodotto.
Ma, soprattutto, peccato che questa ennesima trovata imprenditoriale spazzi via un altra fetta di cultura del cibo e convinca migliaia di persone che è meglio un liofilizzato da sciogliere in acqua di una passeggiata a passo sostenuto in un parco, e di una vita attiva e ricca di scelte “responsabili” e “consapevoli”. Peccato che, e questo credetemi mi fa davvero male, migliaia di ragazzi e ragazzi in piena crisi di identità, magari con il pallino della magrezza estrema, subiscano il condizionamento di tali nefandezze.
Il cibo, come ripeto da anni (e mi sono quasi venuta a noia da me!) è parte di noi e della nostra storia, della nostra crescita come esseri umani. E’ uno strumento sociale e socializzante. Il cibo non è solo nutrimento, è cultura. Non siamo serbatoi, provette di polietilene, macchine. Siamo ancora Homo Sapiens. Veniamo dai raccoglitori nomadi, siamo onnivori bipedi, siamo capaci di sopravvivere a condizioni estreme, siamo capaci di grandi cose.
Perchè, allora, rinunciare al “Sapiens”??? Perchè non porsi domande invece di continuare a delegare la nostra salute e la nostra felicità al mercante di turno?
Sopravvissuti alle ere glaciali, possibile non riconoscere una cialtroneria?
L’agricoltura, cenerentola disconosciuta
La maggior parte delle persone conosce poco o nulla, oggi, dell’articolato e affascinante processo di produzione del cibo. E’ davvero curioso- non credete?- che l’umanità si nutra di prodotti provenienti dalla terra e sia, di fatto, così disinformata su questi argomenti. Eppure, fino a qualche decennio fa, questa ignoranza e questo disinteresse nei confronti della terra che produce il buon cibo erano inimmaginabili. Oggi, purtroppo, è raro, soprattutto nelle città, trovare un bambino che abbia visto un campo di grano, che sappia cos’è un aratro o che conosca l’avvicendarsi delle colture stagionali. Un sapere prezioso è andato perduto, lasciando spazio ad un crescente ed insulso consumismo che ha spazzato via la cultura del cibo. Eppure, nella storia dell’uomo, connotata da carestie, guerre e rivoluzioni, l’agricoltura e i suoi prodotti sono stati un denominatore costante e comune. Eppure, che ci piaccia o no, l’agricoltura è stata la prima importante attività socializzante.
Il primo anello di ogni catena alimentare è legato alla terra. Ogni ciclo vitale termina nella terra.
Quando andiamo in vacanza ci preoccupiamo del percorso che dovremo fare, tenendo bene a mente il luogo di partenza e quello di arrivo, con attenzione alle tappe intermedie. Ebbene, mi chiedo, perchè non ci poniamo domande sul nostro “viaggio” vitale? Perchè non abbiamo alcuna curiosità sulla nascita del nostro cibo?
La terra ci parla di noi e delle nostre “radici”, senza le quali … dove crediamo di andare?
L’adolescente, il cibo e la fragilità del gambero!
Chiunque si sia trovato alle prese con un adolescente conosce bene quella sensazione particolare, mista a disagio e perplessità, che insorge guardandolo, ascoltandolo e cercando di aprire un varco comunicativo fra il suo tirar su “spallucce” e il suo broncio immotivato. Eppure, l’adolescente, nonostante il suo fare spesso spavaldo e strafottente, è un essere fragilissimo e vulnerabile, in balia di vere e proprie trasformazioni, volte a costruire un’identità, attraverso la risoluzione di problemi che lo sviluppo gli pone continuamente davanti.
In questa fase così particolare e complessa, il cibo assume spesso connotazioni eccezionali e si trasforma, qualche volta, in strumento di ricatto o di “riscatto”, oggetto di scontri o “incontri”, simbolo di un modello da rifiutare o, al contrario, di nuove strade da percorrere. Può accadere, infatti, che l’adolescente utilizzi il cibo come un vero e proprio linguaggio, rifiutandolo o imitando le scelte alimentari degli altri o ancora, semplicemente, operando scelte completamente diverse dai modelli familiari, utilizzando spesso il corpo come strumento da frapporre fra se stesso e il resto del mondo.
Si tratta di un modo per richiamare l’attenzione degli altri sul proprio stato, sulla propria momentanea fragilità e sui propri bisogni che, mai come in questa fase, necessitano di ascolto, accoglienza e comprensione.
Per spiegare la fragilità e la vulnerabilità di un adolescente, F. Dolto, psicanalista infantile francese vissuto nel secolo scorso, paragona l’adolescente al gambero, il quale, prima di fabbricare il guscio nuovo, perde quello vecchio, restando esposto a gravi pericoli. In questa fase, il gambero resta nascosto sotto le rocce e negli anfratti, fino a quando non avrà un nuovo guscio a difenderlo. Se durante il periodo di estrema fragilità subirà delle ferite, esse rimarranno per sempre sottoforma di cicatrici, nonostante il guscio nuovo le ricoprirà.
Il 31 marzo 2012, alle 9, 00, presso la sede della Cia di Pisa, ci sarà un incontro dedicato all’alimentazione in adolescenza, per confrontarsi, capire ed approfondire questo tema così delicato.
Cibo sano, questo sconosciuto. Alimentazione in adolescenza.
Video Ho realizzato il mio orto
Le merende dell’oasi. Percorso “Gustarsi la Natura”
Un incontro sull’alimentazione in adolescenza
Daniel Goleman, L’intelligenza ecologica, Rizzoli
È più dannoso per l’ambiente usare un bicchiere di carta o uno di plastica? Stappare una bottiglia di vino arrivata dalla Francia via terra o dalla Spegna via mare? La risposta non è mai ovvia, e spesso l’acquisto “verde” è un miraggio: i pomodori “prodotti localmente” a Montreal, in Canada, vengono selezionati in Francia, crescono in Cina e germogliano in Ontario prima di arrivare nelle serre del Quebec. Su ogni oggetto che compriamo è nascosto un “cartellino del prezzo” aggiuntivo: sono i costi che paga il pianeta, e quindi la nostra salute. Ma ci è impossibile valutarli correttamente, perché non ce ne accorgiamo: il nostro cervello non è attrezzato per farlo. Non basta quindi un’informazione trasparente per diventare i consumatori consapevoli di un mercato ecosostenibile. Occorre un radicale cambiamento cognitivo, che ci permetta di reagire a una vernice al piombo con la stessa istintiva percezione di pericolo che da millenni proviamo alla vista di un predatore. Daniel Goleman introduce con questo libro un concetto rivoluzionario: la cura per l’ambiente non è un movimento o un’ideologia, è il nostro prossimo gradino evolutivo. È l’intelligenza ecologica, da sviluppare come specie, non come individui, indispensabile per affrontare sfide troppo complesse per vincerle da soli. Perché l’uomo è un animale con una nicchia ecologica particolare da salvaguardare. L’intero pianeta Terra.
Fonte: Ibs.it
Il cibo in adolescenza
Basta il giusto – Andrea Segrè e Giusi D’Urso

Organizzata da Confederazione Italiana Agricoltori di Pisa.
Intervengono
Andrea Segrè, autore del libro e preside della Facoltà di Agraria dell’università di Bologna
Giusi D’Urso, biologa nutrizionista ed educatrice alimentare.
Modera Giacomo Caramelli, intrattenitore.
Fonte : www.andreasegre.it



