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Il privilegio di nutrire

cropped-DSCN5375.jpgNon ci pensiamo quasi mai mentre prepariamo una pietanza per i nostri cari, un panino per i nostri figli, uno stuzzichino per i nostri amici. Ma nutrire gli altri è un vero privilegio, un atto speciale, fatto di piccole azioni imparate dall’istinto, che ci introduce ogni volta nella dimensione preziosa dell’accudimento. Nel prendersi cura degli altri attraverso la manipolazione e l’offerta di cibo c’è la manifestazione di una memoria atavica e sociale, un valore che oggi difficilmente resiste sotto i colpi impietosi delle leggi di mercato. Eppure, attraverso quel cibo passa la rassicurazione di non essere soli, di appartenere a qualcosa, di avere una casa accogliente in cui tornare; dove la casa è ora la dimora della nostra famiglia, ora il nostro corpo che ci accompagna ogni giorno, o ancora il sistema sociale a cui apparteniamo.
L’importanza di questo atto così simbolico non è sfuggita all’industria alimentare che ci propina continuamente immagini di famiglie felici intorno ad allegre tavole imbandite, sapendo di giocare coi bisogni fondamentali che oggi stentano ad avere risposte reali e creandone così di nuovi ed effimeri a cui essa stessa, l’industria del cibo, risponde prontamente. Essa, difatti, in un certo senso nutre, è innegabile; a volte può facilitarci l’esistenza, risolvere qualche problema nel quotidiano, ma non porta con sé quella ricchezza fisiologica che connota in natura l’atto del nutrimento. E’ bene esserne consapevoli. Scartare e offrire un cibo industriale è un atto senza storia, né memoria; un gesto che si dimentica da sé, si autoesclude dalle esperienze personali, non genera né supporta alcuna relazione. Un gesto che risponde soltanto al bisogno di consumare qualcosa di commestibile che appaghi il palato e il desiderio si risparmiare tempo, denaro e sentimenti. Per questo progetto sono necessari nuovi gusti, nuovi cibi, nuove abitudini che neghino modelli e strade antichi e creino, al contrario, nuove strutture, snelle, rapide, trendy.
Ma cosa sarà di questa nuova casa senza fondamenta?

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Calorie? No, grazie, vado a molecole!

limone1Le diete, si sa, sono strettamente imparentate alle calorie. O meglio, alla restrizione calorica. La parola dieta, in genere, non ci fa venire in mente l’antica Diaita che significa stile di vita; ma suscita una sorta di fastidioso senso di rinuncia, richiama inevitabilmente il sacrificio e la privazione.
Chi si mette a dieta, dunque, riduce le calorie. Le conta e le riconta, le taglia, le identifica immediatamente sulle etichette alimentari e passa parte del proprio tempo ad imparare come distribuirle durante la giornata e come compensare ogni volta che il suo istinto, la sua gola o la sua fame lo renderanno vulnerabile di fronte alla vetrina di un pasticcere, allo scaffale di un supermercato o alla dispensa di casa. L’industria alimentare, dal canto suo, offre prodotti “calibrati” ed equilibrati dal punto vista calorico, che vantano sulle confezioni il miracoloso obiettivo del dimagrimento in salute e bellezza.
Le diete ipocaloriche, diciamolo, sono comunque un vero incubo, che peraltro ha scarse ricadute sul mantenimento del peso forma a medio e lungo termine.
A fronte di una così diffusa pratica che pone un’attenzione quasi maniacale alla quantità di cibo assunto, c’è ancora una scarsa considerazione per la qualità di ciò di cui ci nutriamo.
In realtà, ripensando alle calorie, non siamo macchine termiche ma macchine chimiche: ogni volta che mangiamo, il sangue e l’intero organismo si modificano profondamente sia dal punto di vista ormonale che metabolico. Dopo ogni atto alimentare, dunque, siamo diversi rispetto a prima di mangiare. E questo non tanto a causa delle calorie introdotte, ma delle molecole di cui è costituito il nostro cibo. Così, gli zuccheri alzeranno la glicemia del sangue e indurranno produzione di insulina, i grassi verranno portati al fegato e distribuiti nei tessuti di riserva, alle cellule per il ricambio delle loro membrane, serviranno al trasporto delle vitamine liposolubili, costituiranno nuove guaine mieliniche per i nervi; così, le proteine andranno a costituire ossa e muscoli, formeranno anticorpi, enzimi e molecole ormonali. E a seguire, tutti gli altri nutrienti, in un grande fermento metabolico variegato, interattivo e complesso che sta alla base della nostra vita e della nostra salute.
È comunemente noto che un grammo di proteine o di carboidrati forniscono entrambi circa 4 grandi calorie; ma è altrettanto nota la funzione diversa che i due principi alimentari esercitano nel nostro organismo. In sostanza, due cibi possono fornire la stessa quantità di calorie ma essere qualitativamente e funzionalmente molto diversi.
Oltre ai nutrienti, il cibo, soprattutto quello industriale, può contenere additivi che si accumulo nel corso della catena produttiva. Quello proveniente da agricoltura intensiva conterrà tracce di pesticidi, fertilizzanti, ecc. Quello proveniente da paesi lontani sarà nutrizionalmente un p’ più povero.
Quindi, tornando alla dieta e alle rinunce che essa reca con sé, forse è il caso di riflettere sul non senso di certi calcoli e certi sacrifici e di informarsi meglio sulla qualità, e quindi sulla provenienza, del nostro cibo. È il caso, allora, di porci domande quali: meglio uno snack dietetico che contiene grassi tropicali e conservanti o una fettina di pane integrale con un buon olio extra vergine d’oliva? Meglio imparare a cucinare con pochi grassi o affidarsi a piatti dietetici pronti? Meglio un centrifugato di ortaggi di stagione o il beverone dietetico di turno?
Chi non si pone queste domande continua ad illudersi che il suo peso dipenda esclusivamente dalle calorie assunte e continua a delegare ad “altri” il suo benessere personale, dimenticando che ognuno è il trainer di se stesso. Una caloria non vale l’altra e il nostro metabolismo, depositario di una sapienza genetica millenaria, lo sa benissimo!

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