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Mucche viola e galline parlanti

Parlando di cibo industriale, sono due le cose su cui non possiamo avere dubbi: 1) lo scopo dell’industria alimentare è fare profitto; 2) l’infanzia è un target facilmente fidelizzabile. Le risorse spese in pubblicità dalle multinazionali sono enormi; è noto quanto e quale impegno ci sia dietro ogni musichetta, ogni slogan (che in una antica lingua nord-europea signica grido di guerra!). Sta a noi adulti mediare, filtrare o evitare i messaggi della pubblicità e, soprattutto, educare alle buone abitudini alimentari. Tutti noi vorremmo un mondo senza pericoli, senza inganni e senza condizionamenti; ma, ci piaccia o no, la realtà in cui i nostri figli stanno vivendo è questa. L’unica arma (unica, ma di certo efficace) che abbiamo per difenderci è la messa in atto di modelli corretti e coerenti. Pertanto…

DSCN5471Bambini, datemi retta! Le mucche non hanno gli occhiali e non sono di colore viola. Le galline non parlano con i mugnai, nemmeno con quelli affascinanti. Fatevene una ragione e chiedete ai vostri genitori e ai vostri insegnanti di portarvi in gita nelle fattorie. Scoprireste cose strabilianti: che non esiste l’albero del fruttolo, che i fattori sono stanchi a fine giornata perché si svegliano all’alba, che le mucche non possono essere vostre compagne di merenda al parco, sullo scivolo o sulla panchina, perché il loro posto è al pascolo o in una stalla. Fatevi portare qualche volta a far merenda in un’azienda e consumatela a contatto con la natura, anziché davanti alla tv. Chiedete di vedere cose vere. Solo così si diventa grandi.

Autoimmunità e nutrizione

Sempre più spessomalattie_autoimmuni_intestino mi capita di incontrare pazienti affetti di malattie autoimmuni o con profili genetici che li prodispongono fortemente ad esse. Fino a pochi anni fa si credeva che lo stile di vita non avesse alcun effetto sul loro andamento. La scienza ha dimostrato recentemente la loro dipendenza dallo stile di vita, in particolare dallo stile alimentare e dai contaminanti ambientali.
Le malattie autoimmuni sono caratterizzate dalll’aggressione dell’organismo da parte del proprio sistema immunitario. Esso, quindi, invece di tollerare i tessuti e gli organi del corpo, li attacca come se fossero estranei e tende a limitarne la funzionalità, fino a renderli completamente inattivi. Alla categoria appartengono patologie croniche, su base infiammatoria, più e meno gravi, spesso con andamento altalenante e recidivante. Ne ricordiamo alcune: artrite reumatoide, morbo di Chron, colite ulcerosa, sclerosi multipla, diabete tipo 1, sclerodermia.

L’alimentazione di chi ha avuto una diagnosi di malattia autoimmune, o di chi sa di essere geneticamente predisposto, deve orientarsi verso il consumo di cibi semplici e un regime alimentare regolare che tenda a prevenire e mitigare l’infiammazione. Rispetto alla pasta e ai comuni prodotti da forno, è importante privilegiare i cereali in chicchi. E’ consigliabile evitare pietanze industriali, anche se biologiche, ed è preferibile acquistare prodotti freschi direttamente da chi li produce, possibilmente dopo aver instaurato un rapporto di fiducia e rispetto reciproco.
I cereali devono essere integrali, le verdure di stagione, fresce e colorate. Bisogna ridurre l’introito di proteine animali, di cibi ricchi di acido arachidonico e acido linoleico (molecole pro-infiammatorie); limitare il più possibile il consumo di grassi trans e integrare la propria alimentazione con vitamina E, vitamina C, selenio e zinco.
Tutto lo stile di vita sarà teso a limitare il più possibile gli stati infiammatori, lo stress e l’ansia. Si raccomanda di curare le ore di riposo e il movimento quotidiano, possibilmente all’aria a perta. Importante anche l’idratazione (2 litri di acqua al giorno).

Immagine tratta dal sito www.mednat.org

Informazioni su sedi, orari e modalità operative dello studio nutrizionale.

 

Di chi fidarsi?

Avete letto la novità? Le multinazionali alimentari ci propinano porcherie spacciandole per “cibo”! Quando a un controllo più approfondito da parte degli organi preposti emergono cose di questo tipo, sgraniamo gli occhi e atteggiamo la bocca verso il basso, esprimendo

disgusto e indignazione.
Ma siamo proprio sicuri di essere così inorriditi? Eravamo così convinti, dunque, della buona fede delle industrie alimentari in questione? Tutti noi avevamo creduto ciecamente alla veridicità delle etichette di quei tortellini, di quel ragù, di quei ravioli, senza mai

pensare che stavamo acquistando un prodotto alimentare di cui non conoscevamo assolutamente nulla? Eppure, in un passato non molto lontano abbiamo letto di polli alla diossina, pasta alle micotossine ed altre amenità del genere!

Suvvia, siamo seri e sinceri almeno con noi stessi: la maggior parte di noi si è posta qualche domanda a riguardo, ma ha comunque scelto di comprare quel dato prodotto giustificandosi con la convinzione di aver risparmiato tempo.
Bugie: quelle propinateci dalle aziende, e quelle che diciamo a noi stessi ogni volta che ci creiamo l’alibi del tempo.
Mi sono presa qualche giorno per cronometrare alcune mie preparazioni casalinghe ed ho scoperto che preparare un sugo con verdure costa, in termini di tempo, 10 minuti; una frittata di porri, 15 minuti, compresa la fase di asciugatura dell’olio in eccesso; un sugo a base di formaggio e spezie, 8 minuti; un’insalatona mista con mozzarella, 10 minuti se dobbiamo ancora lavare gli ortaggi, 5 se li abbiamo lavati al mattino prima di uscire; una minestra di verdura, il tempo di cottura della pasta, se abbiamo avuto l’accortezza di lessare e frullare le verdure la sera prima.
Sbucciare una frutto richiede meno di un minuto, tagliare una fetta di pane e spalmare sopra un po’ di marmellata richiede un minuto circa e poco più gustare uno yogurt.

Caspita! Un’eternità!

Abbiamo moltissimi motivi per rivedere le nostre scelte alimentari e cominciare a non fidarci più delle marche e della pubblicità. Di chi fidarsi, allora?
Degli strumenti in grado di renderci consapevoli: l’istinto e i cinque sensi, prima di ogni cosa, l’accesso all’informazione, le tradizioni di famiglia, la saggezza contadina, le stagioni, il dubbio, il bisogno. Ma soprattutto, è l’idea che il cibo venga tutto, direttamente o indirettamente, dalla terra e dal lavoro degli agricoltori che deve illuminare ogni scelta di ciò che mettiamo in tavola.
Ci sono slogan promozionali di fronte ai quali dobbiamo sempre dubitare (i prodotti a un euro di certe catene di fast food, le offerte prendi tre e paghi due, ecc.), convincendoci che il cibo buono e sano non può e non deve costare così poco, perché reca con sé sapere, giustizia, salute, etica ed ecologia. Sono questi i valori da portare a tavola con il buon cibo locale e stagionale; sono il condimento che ce lo renderà un bene irrinunciabile.

Prendiamoci il tempo, dunque, di fare una buona minestra, organizziamoci conservando gli avanzi, ricominciamo a gustare il buon cibo, quello vero. E, se ci piace il ragù, che richiede tempi lunghi, facciamolo la domenica, con le materie prime scelte bene. Solo così non avremo brutte sorprese!

Pubblicato su Dimensione Agricoltura, marzo 2013