Gli oli tropicali? Uno scherzo della natura

Nella nostra società la disponibilità di cibo e la sedentarietà
hanno incrementato drammaticamente la prevalenza di obesità, soprattutto in età evolutiva. Dall’altra parte, i modelli di snellezza estrema che lusingano e angosciano gli adolescenti hanno finito col demonizzare tutti i grassi ed etichettarli come pericolosi, nonostante tali macronutrienti risultino invece indispensabili per il nostro organismo, purchè assunti secondo appropriati criteri qualitativi e quantitativi. La demonizzazione relativa ad alimenti con i quali l’uomo si nutre da millenni (burro, formaggio, uova) riduce inoltre il valore delle tradizioni e delle culture territoriali, che andrebbe invece difeso quale pilastro del modello alimentare mediterraneo.
Ci sorge spontaneo il dubbio di quali siano allora i grassi buoni e quelli  cattivi. Sul banco degli imputati, accanto ai grassi trans, vi è una categoria di grassi spacciata spesso per “sana” ed innocua: gli oli tropicali di cocco, palma e palmisti. Questi oli di origine vegetale rappresentano un vero e proprio scherzo della natura. Infatti, a differenza degli altri oli vegetali (extravergine di oliva e di semi), ricchi di grassi monoinsaturi e polinsaturi, quelli tropicali contengono elevate quantità di grassi saturi (come quelli di origine animale), che hanno effetto negativo sul colesterolo e sulla formazione di placche aterosclerotiche (acidi grassi laurico, miristico e palmitico). Se
confrontassimo la percentuale di grassi saturi presente nei vari oli tropicali rispetto a quella presente nel burro toglieremmo a quest’ultimo il primato negativo che oggi spesso gli viene attribuito. Infatti abbiamo il 91% di grassi saturi nell’olio di cocco, l’83% in quello di palma e l’80% in quello di palmisti; mentre il burro ne contiene solo il 65%, oltre ad offrire un buon contenuto di calcio e vitamine. Ma a cosa servono, allora, gli oli tropicali? Essi garantiscono resistenza, friabilità e palatabilità alle elevate temperature della frittura, anche dopo una settimana di utilizzo intensivo e, cosa fondamentale, sono molto economici. Queste le prerogative che oggi rendono gli oli tropicali “ottimi”, dal punto di vista commerciale, per la
produzione di prodotti da forno, patatine fritte confezionate e per la realizzazione di miscele di oli vegetali e grassi animali variamente trattati, che rendono i prodotti più friabili e gustosi. Essendo questi oli di innegabile origine vegetale, essi vengono indicati in etichetta come oli vegetali , “tranquillizzando” così il consumatore. Una corretta educazione alimentare renderebbe il consumatore consapevole del loro elevato contenuto in grassi saturi, evitando quindi di preferirli al latte intero, al burro, alle uova e ai nostri tradizionali formaggi. Da non sottovalutare inoltre il problema del danno ambientale provocato alle foreste tropicali dalla coltivazione intensiva di intere zone deforestate, che, una volta utilizzate, vengono abbandonate poiché rese poco fertili dalle stesse modalità di coltivazione e dall’uso massiccio di pesticidi. Nonostante questo scempio sia sotto gli occhi di tutti e malgrado la mole di evidenze scientifiche sull’uso di questi oli dannosissimi spacciati per innocui oli vegetali, i dati relativi all’esportazione di tali prodotti sono davvero inquietanti: per il solo olio di palma si è passati infatti da 126.000 tonnellate nel 1985 a 12.000.000 di tonnellate nel 2007. Insomma, una quantità da capogiro di grassi saturi destinati ad insaporire cornetti, gelati, crackers, fette biscottate, merendine che ogni giorno arrivano sulle nostre tavole e, quel ch’è peggio, negli zaini dei nostri figli!

 

 

 

 

 

Citato in http://www.prezzinvista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1574

Il cioccolato fondente: una fonte preziosa di antiossidanti.

Theobroma cacao

Theobroma cacao, ovvero “cibo degli dei”: questo il nome scientifico del cacao, la cui storia inizia probabilmente in Messico, dove il clima tropicale ne favorisce da sempre la coltivazione. Dai Maya ai giorni nostri il cacao è stato utilizzato come bevanda e spezia amara, subendo nei secoli numerosi incroci, selezioni geniche e sofisticate lavorazioni. Oggi la tecnologia con cui esso viene manipolato, dando origine a svariate tipologia di cioccolato, è assai progredita e tiene conto anche dell’esigenza di coniugare gusto, tradizioni e attenzione alla sana alimentazione. Obiettivo principale  delle industrie cioccolatiere, quindi,  è quello di produrre prodotti non solo palatabili e ricercati, ma anche salutari, cioè di comprovata attività biologica, in quantità consone ad uno stile di vita sano.

Pur essendo un alimento ipercalorico, cioè ad alta densità energetica (540-560 kcal/100 g di prodotto), il cioccolato, e in particolare quello nero ed amaro (noto come cioccolato fondente), ha eccellenti proprietà nutrizionali che lo rendono adeguato a far parte di un regime alimentare sano ed equilibrato. Fra le qualità del cioccolato fondente ricordiamo

  • il bassissimo contenuto in colesterolo e le elevate quantità di steroli vegetali, utili ad abbattere l’assorbimento del colesterolo alimentare (esogeno), mediante un’azione antagonistica nei confronti di quest’ultimo;
  • un buon contenuto di sali minerali, quali calcio, magnesio e ferro;
  • la presenza di sostanze ad azione psicoattiva con effetti euforizzanti e positivi sull’umore e sulla memoria, stimolanti le percezioni sensoriali e riducenti il senso di fatica.

Ma la caratteristica nutrizionale che ormai da tempo fa del cioccolato oggetto di studio da parte di medici e nutrizionisti è il suo alto contenuto di polifenoli antiossidanti (flavonoidi e tannini) di grande importanza biologica, in quanto dotati di proprietà intermedie tra quelle nutrizionali e quelle preventive/curative (sostanze nutraceutiche) e in quanto composti di comprovata efficacia nel limitare il rischio di stress ossidativo. Vediamoli più da vicino.

 I polifenoli vengono prodotti dal metabolismo vegetale per svolgere vari ruoli: di difesa contro gli animali erbivori (conferiscono sapore amaro) e contro i funghi patogeni (fitoalessine, antifungini naturali), di supporto meccanico (lignine) e di protezione contro l’aggressione microbica (antocianine).Dal punto di vista chimico, i polifenoli sono molecole composte da più molecole di fenolo condensate (il fenolo è un composto organico che possiede uno o più gruppi ossidrilici – OH – legati ad un anello aromatico).  Perché i polifenoli fanno bene alla salute? Essi sono le molecole antiossidanti più rappresentate nel regno vegetale, abbondando nella frutta (e in alcuni suoi prodotti, come ad esempio il vino), nella verdura fresca, nel tè e, appunto, nel cacao. Proteggono le cellule dai danni causati dai  radicali liberi, che si sviluppano con il normale metabolismo cellulare e a causa dell’invecchiamento fisiologico dei tessuti; ma anche in seguito ad eventi stressogeni, come radiazioni, fumo, agenti inquinanti, raggi UV, stress emotivo e fisico, additivi chimici, attacchi virali e batterici. Uno studio recentissimo, pubblicato dal British Journal of Nutrition(1), indica il cioccolato fondente quali fonti molto ricche di polifenoli, probabilmente più del vino e del tè verde o nero. Il cioccolato fondente, dunque, possiede un alto valore antiossidante che, in studi sperimentali, modula favorevolmente l’insulino-resistenza(2), l’ipertensione arteriosa(3) e la disfunzione endoteliale (4), spesso associate all’obesità. In questo studio, sono stati valutati gli effetti del consumo di 20 g di cioccolato fondente (contenente 500 mg o 1000 mg di polifenoli), per 2 settimane, sulla glicemia(5), sulla colesterolemia(6) e sulla pressione arteriosa, nonché le correlazioni tra questi parametri e la produzione di glucocorticoidi(7), in 40 soggetti sovrappeso o obesi. Il consumo di cioccolato contenente 500 mg di polifenoli ha prodotto una riduzione significativa, sia della glicemia a digiuno che della pressione arteriosa. L’assunzione di 1000 mg di polifenoli al giorno non ha comportato effetti diversi sugli stessi parametri. Lo studio conferma, dunque, i benefici del consumo regolare di dosi moderate di cioccolato fondente sul metabolismo del glucosio e nel controllo della pressione arteriosa in pazienti sovrappeso o obesi.  

  •  (1)Almoosawi S, Fyfe L, Ho C, Al-Dujaili E. Br J Nutr. 2009 Oct 13:1-9.
  • (2)Alterata capacità dell’ormone pancreatico insulina a sopprimere la produzione di glucosio da parte del fegato e a promuoverne il consumo da parte degli organi periferici.
  • (3)Aumento patologico della pressione sanguigna.
  • (4)Endoteliale: da endotelio, tessuto che riveste internamente la parete dei vasi sanguigni.
  • (5)Concentrazione di glucosio nel sangue.
  • (6)Concentrazione di colesterolo nel sangue.
  • (7)Ormoni steroidei, prodotti dalla corteccia surrenale; fra le loro molteplici azioni, ricordiamo la regolazione della quantità di glucosio nei depositi epatici e nel torrente ematico. 

Fonti bibliografiche

  •  ·        Nutrition Fundation of Italy (http://www.nutrition-foundation.it/index.php)
  •  ·        Chimica degli alimenti. Conservazione e trasformazione. P. Cappelli e Vanna Vannucchi. Zanichelli.
  •  ·        Biochimica degli alimenti e della nutrizione. Ivo Cozzani e Enrico Dainese. Piccin
  •  ·        Spunti di Nutrizione ed altro. Giusi D’Urso. Manidistrega Editrice.  

articolo citato su: http://www.prontoconsumatore.it/index.php?option=com_content&view=article&id=30489:cioccolato-fondente-ottima-fonte-di-antiossidanti&catid=13&Itemid=2

Evento Formativo – Prevenire il sovrappeso

Prevenire il sovrappeso!
Dal carrello al piatto: scegliere, cucinare e assimilare in modo corretto!

Relatore:

Dott.ssa Giusi D’Urso

Biologa Nutrizionista ed Educatrice Alimentare

Sono previste due lezioni nelle seguenti date:

Sabato 27 giugno 2009: ore 10,00-12,30
Sabato 4 luglio 2009: ore 10,00-12,30

Presso il Centro Il Parlascio, Largo Arieti,25 Pisa

Numero minimo partecipanti: 5

Quota partecipazione comprendente materiale didattico:
30 euro

Per informazioni e iscrizioni:

tel. 347 0912780

giusi.durso@libero.it 

Cibo e donne

 

ciboedonne_1-1by.JPG 

Donna è la prima nutrice, dal grembo al seno al primo cucchiaino, colei che provvede alle cure e al sostentamento del proprio piccolo. Donna è l’adolescente che si guarda allo specchio e non si riconosce più nella vita stretta e nei fianchi larghi che la preparano alla fisiologica funzione della procreazione. Donna è la cuoca di casa, la nonna o la suocera delle lasagne domenicali, così come la mamma che prepara il pasto caldo della sera e mette tutti intorno al tavolo. Donna, infine, è Eva, che porge la mela ad Adamo.

Da sempre la donna ha avuto un legame inscindibile con gli alimenti e con il loro consumo. Ecco perché il cibo ha in generale una valenza del tutto particolare nel mondo femminile.
È interessante notare come la preparazione quotidiana dei pasti per i propri cari abbia assunto nei secoli una valenza emotiva profonda: la donna è diventataa nel tempo colei a cui sono state affidate le modificazioni alimentari attraverso metodi di cottura e conservazione. Mediante la preparazione di pietanze e pasti la donna ha esercitato nei tempi il suo “potere” sulle questioni casalinghe inerenti l’accudomento, riempiendo spesso vuoti, appianando dissapori, compensando disequilibri. È stato un percorso lungo enon privo di difficoltà quello che ha fatto del rapporto fra donne e cibo ciò che oggi riconosciamo essere così importante.

Inizialmente, la donna è considerata solo dal punto di vista corporeo. Essa era un bell’involucro, un recipiente contenitivo che può suscitare appetiti e desiderio di piacere. D’altra parte, anche il cibo è uno dei molti piaceri della vita; una soddisfazione dalla quale per lungo tempo le donne rimangono escluse, restando relegate al ruolo di spettatrici, rispetto a quello degli uomini come commensali. Come ad indicare che solo il genere maschile può esprimere legittimmente i propri “appetiti”.
Nel Medioevo alla donna viene attribuita saggezza e capacità di autocontrollo qualora non esageri con il consumo di cibo, dando così al marito e al padre la garanzia di autocontrollo di fronto ai piaceri della vita. In questo periodo storico una condizione molto simile a quella che oggi definiamo anoressia nervosa prende la forma del digiuno ascetico, perseguito anche fino alla morte. Ne sono un esempio le vicende di sante come Santa Caterina da Siena (347-1480).
Anche l’arte di questa epoca storica si esprime in merito alla relazione fra cibo e donne: nella pittura che va dal Medioevo al ‘700 il nesso tra donna come nutrimento erotico e come nutrice è estremamente evidente. Attraverso l’arte figurativa, inoltre, ci giungono storie e curiosità legate ai libertini di quel tempo, come Don Giovanni e Casanova, con i quali il rapporto tra donna e cibo subisce ancora nuove trasformazioni, divenendo  trasgressione e seduzione: l’allontanamento della donna dai piacere della tavola infatti, in certi dipinti dell’epoca, si trasforma in una trasgressiva fonte di piacere.
Le pozioni magiche di streghe e guaritrici hanno avuto un posto di riguardo nella storia del rapporto fra le donne e il cibo. D’altra parte i pasti confezionati dalle monache di clausura testimoniano la volontà di comunicare con il mondo esterno; questo avviene attraverso la preparazione e l’offerta di cibo agli altri. Torna ancora il concetto di donna-nutrice, che ci conduce fino ai nostri giorni, in una società in cui il piacere del cibo da parte delle donne diventa espressione di eccesso e lusso. Basti vedere molti messaggi pubblicitari che raccontano di bagni nel latte o nella cioccolata e che ribadiscono ancora una volta la relazione fra gusto, corpo femminile e sensualità.
Nella civiltà dell’opulenza però tutti sono esposti all’offerta eccessiva di cibo e contemporaneamente alle immagini insistenti e penetranti di corpi perfetti. Quindi, accanto all’esaltazione della forma corporea e al benessere vi è l’aumento preoccupante dei disturbi alimentari che originano proprio da rappresentazioni eccessive e si diffondono tra le giovani donne occidentali (su dieci malati nove sono di sesso femminile). L’atto del mangiare, dunque, è strettamente annodato al problema dell’immagine fisica di sé. Anoressia, bulimia e tutti i disturbi e le dipendenze legate al cibo, colpiscono migliaia di adolescenti e rappresentano, soprattutto nel mondo femminile, gravissime patologie sempre più diffuse. Quasi sempre le pazienti hanno un’enorme difficoltà a riconoscere i propri bisogni e a farsi aiutare, sviluppando angosce e strategie di difesa, che si esplicitano nel rifiuto di tutto ciò che viene dagli altri e nell’abnorme controllo del proprio rapporto con il cibo.

Cibo e trasgressione, ma anche controllo sociale, emarginazione delle donne da un lato, e  strumento di comunicazione e presa di coscienza dall’altro.
Ancora una volta la complessità dell’universo femminile ci spinge a fare profonde riflessioni su come le relazioni possano, in certi contesti, trasformarsi in contraddizioni e su quanto queste ultime pesino in un complesso e articolato bilancio esistenziale.