Mangiare pesce in gravidanza rende il neonato più intelligente

Consumare pesce in gravidanza migliora lo sviluppo cognitivo dei bambini. La conferma arriva da uno studio del pubblicato sul Journal of Clinical Nutrition  coordinato dalla dottoressa Cristina Campoy Folgoso dell’Università di Granada nell’ambito del progetto europeo Nutrimenthe. Utilizzando campioni di sangue prelevati da oltre 2mila donne alla ventesima settimana di gestazione e dal cordone ombelicale dei feti, i ricercatori hanno analizzato le concentrazioni di acidi grassi della serie omega 3 e omega 6 – sostanze di cui è ricco il pesce – per cercare di capire come questo alimento possa mediare gli effetti e la variazione genetica sulle capacità mentali dei nascituri. Gli studiosi si sono concentrati in particolare sull’analisi del gruppo di geni coinvolti nella sintesi degli enzimi delta 5 e delta 6, indispensabili nel processo di formazione degli acidi omega 3 e omega 6. I risultati? I figli delle donne che in gravidanza avevano consumato più pesce hanno riportato migliori risultati nei test di intelligenza verbale, delle abilità motorie sottili e del comportamento pro-sociale.

“Che un adeguato apporto di grassi in gravidanza e nel neonato fosse fondamentale per il normale accrescimento della retina e delle membrane cerebrali del bambino è ormai cosa nota da tempo. Del resto, fu proprio il passaggio da un’alimentazione costituita esclusivamente da bacche e radici a quella arricchita di carne, ma soprattutto pesce, che costituì la chiave nutrizionale per l’evoluzione del “grande cervello” spiega Giusi D’Urso, biologa nutrizionista responsabile dello sportello MangioSano di BabyConsumers, che si occupa di aiutare ed informare le famiglie (soprattutto con bambini o donne in gravidanza) sui temi della corretta alimentazione.

“Lo studio in questione – prosegue D’Urso- pone l’accento sul legame esistente fra il consumo di alimenti ricchi di acidi grassi a lunga catena e le variazioni genetiche relative alle capacità mentali. Si tratta indubbiamente di uno studio importante, che però è necessario contestualizzare nel quotidiano. All’atto pratico, infatti,consumare pesce marino più di tre volte a settimana può esporre al rischio di ingerire un bel carico di mercurio. Senza considerare altri danni potenziali, legati alle zone di provenienza del pesce. È il caso del Giappone, nel cui mare sono stati riversati materiali tossici a seguito della recente catastrofe nucleare”.

Come comportarsi, allora? “Intanto – aggiunge Giusi D’Urso – farei appello alla nostra natura onnivora, che garantisce, con la varietà alimentare, l’introduzione di acidi grassi essenziali anche da altri cibi, come i semi oleosi, l’olio d’oliva, i legumi secchi, frutta a guscio e alcune erbe aromatiche. Consiglierei il consumo di pesce, meglio se azzurro, due-tre volte a settimana, scelto con attenzione, soprattutto relativamente all’origine, ma contestualmente, direi che è importante mantenere un’alimentazione varia e ricca di alimenti locali e stagionali”.  E conclude: “Oggi, l’integrazione degli omega 3, così come altre sostanze (vitamine, sali minerali ecc.) è molto consigliata e diffusa, sia in gravidanza che in allattamento. Sono dell’avviso che un’alimentazione varia, sana, ponderata e corretta possa fare a meno di integrazioni, a patto, però, che gli alimenti siano ricchi allo stato naturale dei nutrienti di cui la gestante ha bisogno. Per garantire questa naturale ricchezza è sufficiente scegliere prodotti freschi, che non hanno viaggiato a lungo, che sono stati trattati il meno possibile e che quindi sono stati prodotti rispettando gli avvicendamenti stagionali e i cicli vitali di piante e animali”.

Fonte: blog.panorama.it

Basta il giusto

Incontro con Andrea Segrè sui percorsi possibili verso

una società sufficiente e felice!


venerdi 2 marzo alle ore 10 e 30
Al Podere del Grillo
via Serra 3 San Miniato (PI)


Andrea Segrè, professore ordinario di politica agraria
e preside della facoltà di agraria,
università degli studi di bologna
autore del libro “Basta il giusto”,
pubblicato da Altraeconomia Edizioni nel novembre 2011

Giusi D’Urso, biologa nutrizionista, educatrice alimentare.

Moderatore intrattenitore
Giacomo Caramelli

e’ un’iniziativa

della Confederazione Italiana Agricoltori di Pisa

Basta il giusto. Andrea Segrè

Lettera a uno studente sulla società della sufficienza
Manifesto per un nuovo civismo ecologico, etico, economico

E’ tempo di dire basta e di incamminarsi verso un nuovo civismo, ecologico, etico, economico: questo libro spiega come e perché

La visione di una società della sufficienza è il fulcro di questa “lettera” a uno studente che Andrea Segrè indirizza in realtà a tutti noi.
La logica della crescita e del debito ci ha portato a una crisi economica e ambientale profonda e a disuguaglianze sociali non più tollerabili. Basta il giusto è un vero e proprio manifesto per costruire un nuovo mondo fondato sulla coscienza dei limiti naturali e umani, governato da una rivoluzionaria “ecologia economica” e vissuto -finalmente- da un homo civicus che pratica uno stile di vita sostenibile e responsabile. Un appello alle generazioni future: per passare da un falso ben-essere a un autentico ben-vivere e a un mondo più giusto, per tutti.

Andrea Segrè è professore di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna dove è preside della Facoltà di Agraria. Ha ideato Last Minute Market (www.lastminutemarket.it), spin off accademico per il recupero sostenibile e solidale dei beni invenduti, e promosso la campagna europea “Un anno contro lo spreco” (www.unannocontrolospreco.org). Autore, tra gli altri, di “Lezioni di ecostile. Consumare, crescere, vivere” (Bruno Mondadori). www.andreasegre.it

120 pagine, 7.00 euro

Back to school: il dilemma dello spuntino

Fra qualche giorno la campanella dismetterà la polvere estiva e ricomincerà a fare il suo dovere quotidiano. Sta per iniziare la scuola e, insieme all’emozione del primo giorno, allo sfoggio di nuovi zaini e nuovi libri, farà capolino anche il dilemma della merenda di metà mattinata, un problema che spesso nasce anche dal fatto che molti bambini non fanno una colazione adeguata. Il salto della colazione è, infatti, un errore molto diffuso fra le famiglie italiane e ha, fra i molti effetti, anche quello di una “destrutturazione” del piano alimentare giornaliero, portando a mangiare troppo agli spuntini e troppo poco ai pasti principali. Negli ultimi anni sono stati moltissimi gli studi sull’obesità infantile che hanno indicato il salto della colazione quale uno dei fattori di rischio più importanti.

Saltare la colazione può dipendere da molti fattori: il consumo di cene troppo pesanti, la mancanza di sonno, di tempo e di appetito, da una semplice abitudine sbagliata perpetuata dal cattivo esempio degli adulti. Comunque sia, il salto della colazione può indurre calo di attenzione, nervosismo, mal di testa e soprattutto la necessità di consumare uno spuntino molto più calorico del dovuto. Quest’ultima esigenza, unita alla mancanza di tempo al mattino, soprattutto nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, spesso trasforma la scelta della merenda in una grossa difficoltà.

Esistono due soluzioni per risolvere il problema: la prima, la più veloce, quella che addirittura evita di porsi alcun dilemma, è il ricorso alle merendine confezionate, veloci, pratiche, molto palatabili, scambiate e condivise con piacere da bambini e adolescenti. La seconda soluzione, quella che può mettere in crisi papà e mamma, è la scelta di spuntini “sani” e casalinghi. Ma, ahinoi, quando si lavora in due, preparare la merenda al mattino può rappresentare un intralcio alla routine, un ostacolo che ci fa perdere minuti preziosi e che, spesso, è causa di malcontenti, tensioni e capricci. Come fare, allora?

Ecco alcuni semplici e pratici consigli per affrontare con serenità il dilemma. Per chi non volesse perdere l’occasione di dare al proprio bambino uno spuntino sano ed equilibrato, oltre alla frutta di stagione, non sempre gradita ed accettata di buon grado, è possibile ricorrere allo yogurt, per il quale serve solo un cucchiaino! In alternativa, potrebbe rivelarsi comodo congelare del pane già affettato in piccole fette sottili, da scongelare appena alzati e spalmare velocemente con della marmellata o del miele (da utilizzare magari anche per la colazione). Un ottimo spuntino è rappresentato anche dal pane e cioccolato, a condizione che si tratti di una piccola porzione di pane, meglio se integrale e tostato, e di cioccolato fondente almeno al 70% o di crema al cioccolato e nocciole priva di grassi vegetali (olio di palma, olio di cocco, ecc.). In alternativa sì anche alla frutta a guscio accompagnata da qualche biscotto fatto in casa il sabato o la domenica o la classica fetta di ciambellone casalingo.

Diciamoci la verità: la frutta è e rimane lo spuntino di elezione. Ma, com’è noto, è molto difficile vedere nelle nostre scuole bambini che sgranocchiano allegramente e disinvoltamente una mela, nonostante i vari progetti ministeriali e le numerose campagne di sensibilizzazione. Chiediamoci perché. Prima di tutto hanno paura di essere presi in giro dai coetanei che quotidianamente tirano fuori dallo zaino barrette di ogni genere, patatine fritte, e merendini delle marche più pubblicizzate; altri motivi potrebbero essere rappresentati dallo scarso gradimento e dall’eccessivo appetito: un bambino che abitualmente non consuma frutta è difficilissimo che accetti di portarla a scuola e se salta la colazione non si accontenterà facilmente di una mela.

Non c’è via d’uscita, penserete! Sì, ce n’è più di una, invece. Prima di tutto dobbiamo lavorare sulla cena, rendendola un pasto leggero, digeribile ed equilibrato. Consumarla entro le 20:30, per consentire il completamento della digestione prima di andare a dormire. Il sonno, poi, non è da sottovalutare. Dormire a sufficienza significa, infatti, svegliarsi riposati, alzarsi in tempo per colazione e magari con appetito. Lavoriamo anche sulla prima colazione dedicandole un po’ di tempo. Se si va a letto ad un’ora adeguata ci si potrà permettere di alzarsi mezz’ora prima per tostare del pane e consumare una colazione adeguata a base di latte o yogurt, succo d’arancia, biscotti o dolce casalingo, magari insieme a tutta la famiglia, rendendola così un gradevole momento di condivisione e di scambio che può aiutare tutti a cominciare bene la giornata. Se la colazione sarà varia, equilibrata ed abbondante, per la merenda a scuola sarà sufficiente davvero uno yogurt alla frutta o una mela.

L’esempio, si sa, è uno strumento educativo importante che si rivela necessario anche nell’educazione alimentare. Fare colazione tutti insieme, mangiare spesso la frutta di stagione ed evitare di acquistare snack inadeguati aiuterà i vostri figli a fare le scelte giuste.
Per chi, invece, scegliesse la via più semplice, cioè quella dei prodotti confezionati, è consigliabile leggere con molta attenzione le etichette, evitando l’acquisto di prodotti contenenti grassi vegetali, coloranti, conservanti e aromi, quelli ad alto contenuto di zuccheri e sale (molto gradevoli al palato ma nutrizionalmente poveri). Anche in questo caso, però, sono validi i suggerimenti relativi alla cena e alla prima colazione, poiché, come abbiamo visto, il consumo dello spuntino non fa storia a sé, ma è parte importante del piano alimentare quotidiano la cui importanza è, nel complesso, fondamentale se vogliamo che nostro figlio si nutra in modo adeguato e impari a fare scelte alimentari corrette .

Già pubblicato su Genitori Magazine

Il latte della mamma, buon cibo della vita

(Pubblicato su Salute Donna)

Scrivere di nutrizione infantile è per me, che ho scelto di lavorare coi bambini, sempre una grande gioia. Ma scrivere di allattamento è senza dubbio un’emozione che si rinnova, nel ricordo della mia esperienza di madre e nella gratificazione professionale quotidiana.

L’allattamento, sia esso naturale o artificiale, rappresenta un momento decisamente magico che connota in modo irreversibile e profondo il rapporto tra il bambino e la sua nutrice.

Tutti sanno che il latte materno è l’alimento ideale per il bambino durante i primissimi anni di vita e che, dal sesto-settimo mese in poi, esso accompagna lo svezzamento, continuando ad apportare fattori protettivi, oltre che relazionali e psicologici.

La situazione italiana relativamente all’allattamento naturale mette in luce che, nonostante i bambini allattati dalla mamma nei primi mesi siano in notevole aumento, il loro numero è ancora inferiore agli standard ottimali. Dato, questo, che deve farci riflettere sulla “cultura” dell’allattamento naturale e sulle strategie che enti e strutture preposti devono mettere sul campo per guidare le madri ed aiutarle a scegliere, in serenità e consapevolezza, il tipo di allattamento da proporre al proprio bambino.

Il latte materno contiene un’ampia gamma di nutrienti e componenti, variabili sia intra- che inter-individualmente e tra popolazioni che lo rendono assolutamente unico. Ogni madre produce, peraltro, il latte adeguato al suo bambino e la percentuale di madri che non possono allattare (per gravi malattie o per insufficienza di latte) è davvero molto bassa. I vantaggi dell’allattamento, com’è noto da tempo, sono molti: dalla protezione anticorpale alla quantità e qualità di nutrienti adeguata al neonato. Vi è poi una caratteristica fondamentale che oggi, nell’era della Globesity, si rivela quanto mai preziosa: l’effetto protettivo nei confronti del sovrappeso e dell’obesità. Molti studi evidenziano, infatti, l’associazione fra l’allattamento naturale prolungato e la crescita adeguata ed equilibrata del bambino. Questo effetto così importante sembra essere legato alla quantità di proteine che nel latte materno è decisamente inferiore (circa 3,5 volte più bassa)  rispetto al latte vaccino. Un apporto eccessivo di proteine nei primi mesi di vita (latti formulati eccessivamente proteici e/o svezzamento precoce), infatti, provocherebbe un aumento di fattori di crescita ad azione insulino-simile che spingerebbero verso un’eccessiva crescita ed aumento ponderale. Il latte materno, inoltre, contiene sostanze ad azione ormonale, quali la leptina e la grelina, che consentono al neonato di autoregolare il rapporto tra fame e sazietà.

Ma nel caso in cui l’allattamento al seno non sia possibile o non venga, in modo del tutto legittimo, scelto dalla mamma, è necessario utilizzare formule per l’infanzia e posticipare comunque l’introduzione di latte vaccino all’anno di età.

I latti formulati sono costituiti da una base di partenza rappresentata dal latte vaccino, che viene profondamente modificato. Le modificazioni riguardano soprattutto la quantità delle proteine, dei sali minerali, degli acidi grassi e degli zuccheri. In questo modo, i latti ottenuti sono in grado di fornire al bambino tutto ciò di cui ha bisogno senza appesantire il suo metabolismo. Gli sviluppi recenti sulla formulazione hanno come obiettivo quello di riprodurre gli effetti funzionali del latte materno, diversamente dalle primissime formulazioni, che miravano ad emularne soltanto la composizione chimica. Ad esempio, oggi, oltre ai latti speciali come quelli anti reflusso o gli idrolisati che permettono un adeguato intervento nutrizionale in caso di alcune patologie, esistono latti formulati contenenti un profilo amminoacidico più simile a quello del latte materno, oltre che la giusta composizione di acidi grassi polinsaturi a lunga catena, importantissimi per lo sviluppo del sistema nervoso, e a probiotici e prebiotici, fondamentali per il mantenimento della flora batterica intestinale.

L’industria, insomma, viene sicuramente incontro alle mamme e ai loro bambini, ma, come abbiamo visto, si rifà continuamente alla natura e a ciò che essa, con una magica alchimia, produce, perpetua e preserva.

L’alimentazione spiegata ai più giovani: quali strategie?

Oggi l’educazione alimentare è uno degli argomenti più gettonati. Essa è ritenuta necessaria per far fronte all’epidemia di obesità (Globesity), importante per strutturare buone abitudini nutrizionali nei bambini e negli adolescenti, insostituibile per imparare a leggere le etichette e a fare scelte alimentari consapevoli. Eppure, in reltà, questa disciplina così utile ed interessante viene spesso affrontata in modo frammentario e contraddittorio.

Alcuni paradossi ed incongruenze la connotano. La chiarezza dei messaggi educativi relativi alla necessità di consumare pochi grassi e poco sale, di limitare l’introito di carne ed incrementare quello di vegetali, di preferire cibi “veri”, stagionali e territoriali viene spesso offuscata  e confusa dalla presenza contestuale di messaggi contraddittori ai quali bambini e ragazzi sono sottoposti. Qualche esempio? La presenza di distributori di snack preconfezionati a scuola e nelle palestre, i messaggi pubblicitari che raccontano mezze verità o vere e proprie bugie, la distribuzione nelle scuole di frutta confezionata, cosparsa di antiossidanti e proveniente da lontano, eccetera.

Riflettiamo un attimo: cosa manca? Qual è la vera criticità? Dove sta il bug del sistema?

Probabilmente manca la cosiddetta “visione d’insieme”, ovvero la possibilità di vedere e percepire l’essere umano come parte integrante di un sistema alimentare globale. Aiuterebbe molto, infatti, porre l’attenzione sul concetto di interdipendenza dell’alimentazione umana con tutti i sistemi naturali. Forse questa strategia, messa in atto a scuola, a casa, nei comuni luoghi in cui si fa “educazione”, potrebbe aiutare a mettere a fuoco il vero bug del sistema e rendere l’educazione alimentare più efficace. Così, le domande a cui rispondere non sarebbero solo quelle relative alla salute dell’uomo e agli alimenti più o meno protettivi, ma contemplerebbero una visione più globale e verterebbero sulla possibilità di un’alimentazione sostenibile per tutto il pianeta, essere umano compreso.

Un bel libro di Lang e Heasman, pubblicato nel 2004 (http://aof.revues.org/index237.html) sostiene l’importanza di riconoscere le mutue dipendenze, le relazioni simbiotiche e le forme sottili di manipolazione in campo alimentare e consumistico. Questa prospettiva, che pone al centro dell’educazione e della consapevolezza la salute dell’uomo e dell’ambiente tutto, contrappone dunque alla visione prettamente “biologica” quella “olistica” più garante della salvaguardia della diversità ecologica.

Sarebbe bello se nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole e nelle nostre palestre si potesse ricostruire il legame fra essere umano e ambiente, sia sul piano cognitivo che su quello etico. Sono convinta, infatti, che insegnare con convinzione e coerenza ai nostri bambini e ai nostri adolescenti che tutto ciò che mangiamo proviene da altri esseri viventi e diviene, una volta mangiato, parte di noi li aiuterebbe a rispettare gli alimenti e le loro fonti, a cibarsene con parsimonia e nel modo più adeguato a preservare lo stato di salute. Sono altresì certa che spiegare loro che nutrirsi significa relazionarsi e condividere, che l’agricoltura è parte irrinunciabile del nostro sistema sociale e le tradizioni un patrimonio da preservare, li aiuterebbe a crescere più consapevoli delle loro origini e più rispettosi dell’ambiente che un giorno sarà la loro casa.

Gusto, svezzamento e neofobie. Il ruolo dell’esperienza e dell’esempio.

Quando un bambino comincia a camminare, generalmente, sviluppa una resistenza ai nuovi alimenti. Gli esperti sottolinenano che si tratta di una fase normale durante la quale il bambino non vuole, e non può, rinunciare alle sue certezze, perchè queste lo rendono più forte e lo incoraggiano a nuove esperienze. Il rifiuto di cibi nuovi e sconosciuti è chiamato “neofobia” ed è un meccanismo innato e collaudato per milioni di anni, che in passato probabilmente ha permesso la sopravvivenza nei primissimi ani di vita.

Oggi, purtroppo, le neofobie riguardano più del 20% dei bambini e si prolungano negli anni successivi della vita infantile, spesso cronicizzandosi e portando ad una alimentazione poco variata e carente. Il ruolo della famiglia e della società è fondamentale nel fornire al bambino gli strumenti per superare le neofobie.Pensate: il rifiuto di un alimento è inversamente proporzionale al numero delle offerte di quello stesso alimento. Un lungo e paziente lavoro, fatto di tentativi e buon esempio, può dare ottimi risultati: per ottenere l’adattamento e l’accettazione di un alimento inizialmente respinto sono necessarie, infatti, almeno 7-8 esposizioni prima che il bambino accetti quell’alimento e provi ad assaggiarlo.
L’esposizione precoce ad una grande varietà di sapori è, dunque, la strada maestra  per promuovere nel bambino il desiderio dell’assaggio, soprattutto dei cibi generalmente meno graditi, quali frutta e verdura.
Lo svezzamento, in quest’ottica, fornisce un’ottima occasione di educazione al gusto, che l’industria alimentare, votata al profitto e a scelte globali, tende a scoraggiare. Le esperienze precoci  della fase di svezzamento iniziano a stabilire un percorso di scelte alimentari positive (o negative) che continuano a persistere nel tempo.
Il ruolo della famiglia è fondamentale, in quanto può fornire la strategia chiave, durante la primissima infanzia, per “educare” il bambino a gusti variati e ricchi, attraverso l’esempio, l’offerta ripetuta dei cibi sani, senza ricorrere a gratificazioni inadeguate con cibi troppo sapidi e scadenti dal punto di vista nutrizionale, né ad espedienti “esterni” quali giochi da portare a tavola o, peggio ancora, all’effetto ipnotico della tv.
Se prendiamo coscienza dei meccanismi educativi virtuosi, di cui siamo atavicamente portatori, possiamo davvero fare qualcosa di utile ed importante per rendere i nostri figli “onnivori”, evitando loro pericolose restrizioni alimentari.

Per non “mangiarci” il futuro…

Le generazioni future, con ogni probabilità, si troveranno a pagare l’attuale amministrazione, piuttosto sconsiderata, delle risorse della terra. Ognuno di noi può fare moltissimo per contribuire a un ambiente più sano, alla salute e al benessere nostri e delle altre popolazioni.
E’ assolutamente necessario dare alle famiglie un’informazione puntuale sui temi che riguardano il cibo,  l’ambiente e il futuro del mondo, e proporre azioni educative anche piccole, ma con contenuti concreti da diffondere a tappeto sul territorio. L’informazione-educazione dovrebbe iniziare dal concetto di “cibo”, a tutti noi molto caro.
Una parte della popolazione del mondo ha fame, mentre nei paesi a sviluppo avanzato la disponibilità di cibo è grande, ed è connotata da sprechi e ricadute sulla salute come l’obesità, il diabete, la sindrome metabolica, i disturbi del comportamento alimentare. Negli ultimi decenni il nostro modo di mangiare si è drasticamente trasformato: i ritmi di vita e le scelte di mercato ci inducono a comportamenti che spesso non vanno d’accordo né con la sostenibilità dell’ambiente, tanto meno con la nostra salute.
Nei paesi sviluppati come il nostro, il cibo abbondantemente disponibile viene prodotto per lo più da coltivazioni intensive, con un impatto ambientale ormai non più sostenibile. Questo tipo di produzione, fortemente incoraggiata dalla maggior parte dei governi, usa grandi quantità di pesticidi, fertilizzanti e specie vegetali OGM, provocando di fatto il progressivo annullamento della biodiversità. Nel contempo altri paesi, per lo più poveri, non riescono ad esportare i loro prodotti ad un prezzo equo, né a produrre a sufficienza per sé.
Una risposta a questo andazzo poco lusinghiero potrebbe essere l’agricoltura biologica, che inquina meno, ma ha una resa minore di quella convenzionale. D’altra parte, viene sostenuto ormai da tempo che riducendo i consumi di alimenti di origine animale, si ridurrebbe la necessità di produrre mangimi in modo intensivo (per lo più a base di mais e soia). Gran parte dei terreni agricoli sono attualmente coltivati a cereali e il 40% della produzione mondiale di questi cereali è destinato a diventare mangime per gli animali che, a loro volta, sono allevati per produrre carne, latte e uova. La riduzione dell’allevamento intensivo fornirebbe, dunque, “spazio agricolo” che potrebbe essere coltivato biologicamente, con produzione di frutta e verdure di qualità.
Un’alimentazione meno ricca di proteine animali sarebbe, quindi, più sana per noi (molte malattie metaboliche sono peggiorate e, a volte, causate da un eccessivo consumo di carne) e per l’ambiente.

Come si può operare il cambiamento? Cosa possiamo fare noi in concreto nelle nostre famiglie?

Qualche suggerimento:

  • abituare fin da piccoli i nostri figli a mangiare molti cibi di origine vegetale, con particolare attenzione alle coltivazioni stagionali e locali;
  • preparare i pasti tenendo presente i componenti principali degli alimenti e accostarli tra loro facendo attenzione al gusto, ai colori, ma anche alla propria cultura e alle proprie tradizioni: poche proteine animali, molti legumi, molta verdura e frutta, pochi grassi animali, meglio i condimenti vegetali (dieta mediterranea);
  • acquistare verdure coltivate all’aperto, cresciute grazie all’energia del sole, e non in serra (le serre vanno scaldate e quindi inquinano);
  • scegliere prodotti territoriali, che devono essere trasportati solo per brevi tratti (filiera corta e sostegno alle le aziende locali);
  • scegliere cibi da produzione biologica o biodinamica seria che rispetta i cicli naturali e non utilizza concimi o pesticidi sintetizzati chimicamente. Cioè preferire prodotti di alta qualità, coltivati «secondo natura», che garantiscono fertilità del suolo a lungo termine e allevamenti rispettosi degli animali;
  • acquistare prodotti del commercio equo-solidale, contribuendo ad assicurare ai produttori dei paesi più poveri del mondo un reddito sufficiente per vivere e produrre nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori;
  • mangiare frutta e verdura in abbondanza: assicurano sostanze nutritive essenziali all’organismo, inquinano meno le acque e la loro produzione grava meno sul clima rispetto ai prodotti animali;
  • consumare animali che possono pascolare in libertà: sono più sani rispetto a quelli che trascorrono gran parte della loro vita in stalla o in batteria;
  • scegliere il pesce del luogo. Lo sfruttamento ittico è eccessivo per molte specie marine, il cui habitat è minacciato da metodi di pesca troppo aggressivi. L’allevamento non rappresenta un’alternativa valida né dal punto di vista nutrizionale che ambientale.
  • scegliere i cibi in cui c’è un minore  imballaggio o che hanno contenitori riciclabili, per evitare ulteriori fonti di contaminazione;
  • preparare pietanze di “recupero” (polpettone, zuppa, ecc) per non sprecare il cibo avanzato.

Influenza della dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento sul programming metabolico del bambino

Molti studi dimostrano il ruolo di programming che ha la nutrizione della madre nei confronti del metabolismo del feto1.
Obiettivo dello studio prospettico randomizzato e controllato condotto dal Dipartimento di pediatria dell’ospedale universitario di Turku, in Finlandia, era valutare l’impatto della dieta materna e del counselling alimentare, durante la gravidanza e l’allattamento, sullo stato metabolico del neonato. Al primo trimestre di gravidanza, 256 donne sono state suddivise in modo random in tre gruppi: uno, il gruppo di controllo, ha  ricevuto il placebo; negli altri due gruppi è stato somministrato il counselling alimentare (dieta/probiotici e dieta/placebo). Il counselling, con randomizzazione in doppio cieco di probiotici (Lactobacillus rhamnosus GG e Bifidobacterium lactis) o placebo, era mirato a ridurre l’eccessivo consumo di grassi saturi e ad aumentare invece l’introito di fibre.
La dieta della madre è stata valutata più volte durante la gravidanza e dopo il parto per mezzo di diari alimentari compilati ogni tre giorni.
A 194 bambini sani all’età di 6 mesi sono stati misurati alcuni marcatori metabolici: la proinsulina sierica split 32-332 e quella intatta, il rapporto tra leptina e adiponectina, lo spessore del grasso sottocutaneo (con p licomteria) e il girovita; gli alti livelli di tali parametri sono stati considerati rappresentativi di uno stato metabolico alterato.
La percentuale di neonati con un alto dosaggio di proinsulina split 32-33 era significativamente inferiore nel gruppo delle donne in counselling dietetico con probiotici (n = 6/62, 9,7%) o placebo (n = 7/69, 10.1%) rispetto al gruppo di controllo/placebo (n = 17/63, 27,0%). Nei neonati, alti livelli di proinsulina risultavano inoltre associati ad un maggiore spessore della plica cutanea e a superiori misure del giro-vita e del rapporto
leptina/adiponectina (P <0,05).
Per quanto riguarda la dieta della madre durante la gravidanza, i terzili più alti e più bassi relativi al consumo di grassi erano associati ad un aumento del rischio di elevati livelli di proinsulina split nel bambino, mentre quelli relativi all’introito di grassi saturi erano associati all’aumento della circonferenza della vita del bambino. Inoltre, i neonati allattati al seno hanno mostrato una riduzione del rischio di elevati livelli di proinsulina split e del rapporto leptina/adiponectina rispetto ai neonati nutriti con latte artificiale.
I ricercatori hanno concluso che le modifiche positive alla dieta materna durante la gravidanza e nel periodo di allattamento al seno possono apportare benefici per la salute metabolica del bambino. Un alto livello di proinsulina split, che riflette avverse condizioni metaboliche durante l’infanzia, può essere abbassato o tenuto sotto controllo grazie a un precoce ed oculato counselling alimentare.

1“Fetal original hypotesis” di Barker, secondo la quale le alterazioni nella nutrizione e nell’equilibrio endocrino durante l’epoca fetale determinerebbero un adattamento dello sviluppo che modificherebbe in maniera permanente la struttura, la fisiologia e il metabolismo dell’individuo, predisponendolo ad alterazioni cardiovascolari, metaboliche ed endocrine in età adulta.

2 Sostanze strutturalmente simili all’insulina.

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Per chi volesse approfondire l’argomento della “Fetal original hypotesis” consiglio la lettura dei seguenti lavori:

  • Barker JDP Mothers, babies and health in later life Edimburg: Harcourt Brace & Co. Ldt 1998
  • Barker JDP, Fetal origins of coronary heart disease. BMJ 311: 17-174, 1995
  • Cachera R. et al. Adiposity rebound in children: a simple indicator for predicting obesity. Am J Nutr 1984; 39: 129-35

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