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Obesità infantile: l’osservazione dell’andamento del peso

Quando un bambino diventa obeso le cause strettamente cellulari sono prevalentemente due: un aumento del volume (ipertrofia) delle cellule del tessuto grasso (adipociti) e un aumento del loro numero (iperplasia). Mentre il volume degli adipociti, aumentato in conseguenza di un eccessivo introito energetico, risulta reversibile con il calo di peso, l’aumento del loro numero purtroppo non lo è. Per cui, la popolazione di adipociti che si stabilizza durante la prima infanzia (entro i primi 24 mesi) si manterrà numericamente inalterata per il resto della vita e potrà o meno “riempirsi” di grasso provocando aumento o diminuzione ponderale.
Occupandomi da tempo di nutrizione infantile, ho l’abitudine di mettere in grafico i pesi dei bambini che seguo, anche e soprattutto quelli pregressi che estrapolo dal libretto pediatrico o che i genitori mi forniscono insieme ad altri dettagli sulla crescita. E’ un lavoro che aiuta a rendersi conto se l’aumento di peso ha seguito e segue, durante la crescita di quel bambino, un andamento regolare oppure se si verificano situazioni degne di particolare attenzione.
Un’anticipazione dell’adiposity rebound (letteralmente rimbalzo di adiposità) è considerata un indicatore del rischio di obesità in adolescenza ed età adulta. L’adiposity rebound è il raggiungimento del valore minimo di adiposità prima dell’aumento fisiologico dell’Indice di Massa Corporea (IMC, cioè il rapporto peso in kg/h in metri al quadrato), che mediamente si

IMCbisverifica tra i cinque e i sette anni.
Le due figure riguardano l’andamento di IMC di un bambino di quasi 9 anni che seguo da circa un mese e mezzo.
La figura 1 riporta i dati pregressi estrapolati dal libretto pediatrico. Sull’asse delle ascisse vi sono i mesi di vita del bambino, mentre sulle ordinate i valori di IMC. Dai 2 ai 3 anni si osserva una tendenza alla riduzione e subito dopo all’aumento dell’IMC, anticipato rispetto al normale che dovrebbe verificarsi fra i 5 e i 7 anni. Un bambino che presenti una adiposity rebound precoce risulta generalmente (anche se non è sempre così scontato) magro o normopeso nei primi anni di vita per poi cominciare ad accumulare grasso in seguito, fino a diventare obeso in età scolare e in adolescenza.
IMCNella figura 2 sono riportati i valori di BMI, ovvero di IMC,  in ordinata e l’età in anni in ascissa. I puntini rossi sono i valori di IMC registrati dall’inizio del trattamento (tre incontri). Per ingrandire la foto è sufficiente cliccare sopra.
Il bambino in questione sta seguendo attualmente un programma di riabilitazione nutrizionale che comprende: 1) un percorso di educazione alimentare ed educazione al gusto, con esperienze ludiche e progressive di assaggio, racconti a tema, lavori di ricerca sui cibi graditi e non graditi e commento delle esperienze; 2) l’adesione progressiva a un piano alimentare dinamico che tiene conto dei suo gusti, dell’attività fisica e delle abitudini familiari; 3) un percorso di educazione alimentare e comportamentale con i genitori, per aiutarli a guidare il figlio e fornire loro strumenti di scelta alimentare consapevole.
E’ importante a mio avviso sottolineare quanto l’osservazione precoce e accurata dell’andamento del peso attraverso quella dell’IMC possa fornire preziose informazioni sulla tendenza o meno di sviluppare obesità, oltre che permettere, più tardi, di seguire l’andamento dei risultati di un percorso di riabilitazione nutrizionale. La prevenzione precoce, eseguita quindi nelle primissime fasi di vita, dovrebbe essere lo strumento operativo d’elezione, senza attendere che l’IMC raggiunga percentili al di sopra dell’80° o del 90° ed evitando per quanto possibile l’instaurarsi di complicazioni metaboliche, scheletriche e psicologiche spesso presenti nel bambino obeso.

Per approfondire:
-“Early adiposity rebound”: indicatore precoce di rischio per lo sviluppo di obesità e di complicanze metaboliche. M. Iaia, AUSL di Cesena, 2009.
– Childhood obesity: current definitions and recommendations for their use. M.R. Cachera,nternational Journal of Pediatric Obesity, 2011; 6: 325–331.
– Dynamics of Early Childhood Overweight. Pamela J. Salsberry et al, Pediatrics. 2005 December ; 116(6): 1329–1338.

L’argomento di questo articolo è ampiamente affrontato all’interno del testo Il cibo dell’accudimento.
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Il cibo delle donne

da Spunti di NutrizioneAlla domanda di qualche giorno fa su come mai, pur essendo entrambe donne e per di più madre e figlia, due mie pazienti avessero ricevuto una prescrizione alimentare così diversa, ho risposto che ogni individuo, sebbene dello stesso sesso, e pur condividendo parte della sua genetica con un altro, non ha lo stesso metabolismo, tanto meno la stessa reazione a certe scelte alimentari per il semplice motivo che è, appunto e comunque, un individuo diverso.
Questo è ancora più vero ed evidente nella donna, nella cui vita le variazioni ormonali si avvicendano continuamente, connotando la sua salute e i suoi bisogni in modo vario e del tutto peculiare. Quindi, se per la figlia, in piena età fertile e desiderosa di un figlio, la prescrizione dietetica ha il fine di ottimizzare il ciclo ovarico e preparare l’organismo a un’eventuale gravidanza, per la madre, da tempo in menopausa, i consigli andranno nella direzione della mitigazione di alcuni disturbi legati al momento ormonale e della prevenzione di alcune patologie, tipiche di questa fase della vita, così come anche dell’aumento di peso e di grasso addominale.
Durante la vita fertile, la donna è soggetta a modificazioni ormonali cicliche che fanno oscillare il suo umore, le sue preferenze e il suo peso. Sarebbe impensabile elargirle consigli prestampati, poiché ogni donna fertile ha il suo codice genetico, il suo metabolismo, i suoi gusti e i suoi disgusti.
L’alimentazione, dunque, non può e non deve essere omologata, ma rispondere ai particolari bisogni di ognuno, senza troppe rinunce e andare incontro alle esigenze di quella persona, in quel momento della sua vita. Un certo alimento, quindi, potrebbe essere appropriato in una fase e meno consigliabile in un’altra; questo vale anche per l’associazione fra i cibi, l’utilizzo di alcuni condimenti ed erbe aromatiche e molto altro ancora.
Perché ognuno di noi è un pianeta originale e complesso. Questo, credo, rende il mio lavoro così vario e appassionante.

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Cibo, disabilità e disagio

da Spunti di NutrizioneFino a qualche anno fa non avrei mai immaginato di utilizzare le mie competenze professionali in ambiti così particolari e specifici quali quelli della disabilità fisica e cognitiva e degli stati di disagio psicologico e sociale.
Per caso – ma il caso esiste? – ebbi anni fa l’occasione e il privilegio di lavorare con bambini affetti da patologie genetiche, anche gravi e quella esperienza – lo ricordo bene – mi cambiò per sempre, offrendomi la possibilità di utilizzare i miei strumenti in un modo inatteso e, al tempo stesso, dandomi la sensazione di potermi rendere utile in ambiti che fino a quel momento avevo considerato lontani dal mio. La riflessione che ne è scaturita mi ha portata alla convinzione, sempre più strutturata, che il cibo e l’atto di alimentarsi e di lasciarsi alimentare sono azioni assolutamente imprescindibili e che, più spesso di quanto immaginiamo, possono rappresentare un rifugio, una via d’uscita, un supporto a svariati percorsi e protocolli terapeutici.
Di recente, questa esperienza interessante si è, in un certo senso, integrata e arricchita attraverso un’altra: quella del disagio psichico e sociale. In modo sorprendente, il cibo, la cura per i propri gusti, del proprio corpo, la consapevolezza di ciò che scegliamo, insomma, l’attenzione a come ci nutriamo possono coadiuvare percorsi e recuperi in questi ambiti così complessi. Lavorare sulle dinamiche nutrizionali, manipolare gli alimenti, raccontare le proprie preferenze a tavola e confrontarsi con gli altri significa spesso recuperare il rapporto con il proprio corpo e con ciò che lo appaga e lo fa stare bene. Il cibo è, ancora e sempre, il legame profondo con chi ci ha nutrito e ci nutre, con la terra, con noi stessi, con la nostra storia: l’espressione più alta dell’accudimento e dell’auto-accudimento. Come ho fatto anni fa a non immaginare risvolti così interessanti?
Ogni giorno scopro che fare la nutrizionista significa lavorare su più fronti, essere aperti all’aggiornamento costante e profondo, imparare continuamente dagli altri e adoperarsi per rendersi utili.

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Immagine di Giusi D’Urso (tratta dal testo Spunti di nutrizione ed altro. MdS)