Archivio mensile:settembre 2022

Conserve alimentari e gesti per fermare il tempo – su Braccia Rubate

Domenica è uscito il numero 30 di Braccia Rubate, il quindicinale che parla di lune, colture e stagioni e lo fa in modo magnifico. Questo numero ospita un mio pezzo sulle conserve, sulla memoria e gli affetti. Ma sono davvero in ottima compagnia: andate a vedere.
Buona lettura.

Fermare il tempo
Quest’anno ho vissuto l’arrivo di settembre con il pensiero triste della perdita. In genere settembre mi porta la passione per i colori, le foglie secche e il loro rumore sotto le scarpe mentre cammino per campi e boschi. Mi porta le giornate fresche e luminose, le prime piogge, le felpe tirate giù dagli scaffali alti dell’armadio. Ma la scorsa estate ho perso una mia cara zia e l’arrivo delle prime giornate più corte e dolci mi ha portato molta malinconia, al ricordo di lei nella sua cucina, con me ragazzina curiosa, intorno a pomodori maturi e conserva tardiva.
C’è questa usanza resistente, nella mia famiglia, per cui si fa la conserva di pomodoro gli ultimi giorni d’agosto o i primi di settembre. E si prosegue con le marmellate e i sottolio nelle settimane successive. Si va al mercato contadino, si scelgono pomodori, pesche, prugne, uva, peperoni, melanzane, ci si prepara ad accettare di buon grado qualche scarto, si lavano per bene i barattoli, si acquistano i nuovi tappi. Gli scarti legati all’estrema maturazione, a quella dolcezza definitiva a cui sono avvezza sin da bambina, sono l’esercizio di pazienza, l’attitudine all’accettazione di cose imperfette. È un rituale salvifico, quello delle conserve autunnali, conclusivo dei mesi in cui ogni componente della famiglia ha tirato il fiato. È un modo, per noi gente del sud, di tornare attivi, ritrovarsi tra fratelli, sorelle, mamma, zie, cugini, anche se non tutti presenti fisicamente. Una specie di richiamo alla presenza dei sentimenti, al rinnovo dei ricordi e delle consuetudini, un passaggio morbido verso i programmi nuovi che ognuno è chiamato a fare rientrando dalle vacanze estive”.
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Trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare: necessario il lavoro di squadra

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) rappresentano una serie di patologie psichiatriche molto serie, caratterizzate dall’utilizzo del corpo come strumento d’espressione di un disagio psicologico profondo. Il cibo che lo nutre diventa un nemico da cui difendersi, oppure materia con cui riempire il vuoto interiore. 
Attualmente, l’anoressia e le altre forme di DCA sono da considerarsi fra le modalità patologiche maggiormente espresse dal disagio adolescenziale, soprattutto quello femminile.
Le cause non sono state ancora del tutto chiarite, sebbene alcuni fattori siano considerati determinanti nello sviluppo di queste patologie, definite culture-bound, in quanto la componente culturale occidentale (mode, modelli, tendenze sociali) appare in tutta la sua dimensione, paradossi e angosce compresi. Come per tutte le patologie psichiatriche, anche per i DCA  esiste una predisposizione genetica che può favorire il rischio di sviluppare malattia. Nonostante l’oggettiva difficoltà nel valutare questo tipo di rischio, alcuni studi riportano che soggetti con DCA hanno in famiglia una maggiore presenza (rispetto a famiglie di persone sane) non solo di disturbi dell’alimentazione, ma anche di depressione e di dipendenza.

In ogni caso, questa categoria di patologie, fra cui oggi si annoverano anche  la vigoressia e l’ortoressia, forse meno note ma non meno pericolose della anoressia e della bulimia, non può essere più considerata rara, né si può sottovalutare lo stretto legame con il contesto socio-culturale in cui viviamo.
Fra tutti i DCA, nell’anoressia nervosa sono presenti modificazioni nutrizionali tali da rappresentare un elevato rischio metabolico. I malati di anoressia, per lo più di sesso femminile, presentano una malnutrizione proteico-energetica di vario grado che può portare a morbilità fisica e psicologica e, a lungo termine, a morte. Dal progressivo dimagrimento e dalla perdita conseguente di riserve adipose si prosegue, nelle forme gravi, alla riduzione di massa muscolare, utilizzata a scopo energetico, e alla decalcificazione ossea che porta progressivamente a osteoporosi. Per contrastare gli effetti della malnutrizione il metabolismo e il sistema endocrino mettono in atto una serie numerosa e complessa di adattamenti finalizzati a mantenere in vita l’organismo (perdita delle mestruazioni, elevata produzione di corpi chetonici, alterazione della produzione di insulina e della funzionalità tiroidea). Le modificazioni fisiche e comportamentali conseguenti il digiuno protratto generano ansie e paure che mettono a dura prova il contesto familiare e il suo equilibrio. Data la varietà e la complessità delle conseguenze cui va incontro una malata di anoressia, è evidente che il trattamento di questa patologia deve essere multiprofessionale e coinvolgere, cioè, competenze varie e complementari fra di loro.
Nella mia pratica, sempre più spesso, purtroppo, incontro famiglie con questo problema. Nel caso di ragazze molto giovani (dai dieci ai sedici anni, negli ultimi anni l’esordio è ancora più precoce), sono in genere le madri ad allarmarsi  e chiedere aiuto, una volta sparito il mestruo o appena realizzato che il calo di peso è stato repentino e che perdura nel tempo. Le ragazze più grandi, invece, arrivano nel mio studio con la richiesta (paradossale) di una dieta che ne riduca ancora il peso e le circonferenze. Dietro ogni caso di anoressia in genere ci sono dinamiche complesse che vanno necessariamente e urgentemente affrontate con l’aiuto di altri professionisti. Il supporto nutrizionale, insomma, è fondamentale, ma non può bastare a sciogliere i nodi che hanno condotto alla manifestazione della patologia.
I miei percorsi sono sempre affiancati e coadiuvati dal lavoro, prezioso, paziente e competente di figure come lo  psichiatra, il neuropsichiatra infantile, lo psicoterapeuta, oltre che il ginecologo e altre figure riabilitative, a seconda dei problemi che via via si presentano. Il percorso dei vari professionisti va di pari passo al mio e, a ogni occasione, sollecita, supporta, completa e contiene, ogni intervento sul piano alimentare, ogni variazione di peso, ogni passo in avanti e ogni fallimento. E’ necessario, infatti, lavorare su aspetti quali la dispercezione corporea, il perfezionismo clinico, la rigidità, la bassa autostima, l’eccessivo controllo sul proprio corpo e sui suoi bisogni. Si tratta di un lavoro paziente e complesso, ma anche arricchente e gratificante che deve coinvolgere, oltre alla paziente, i suoi familiari. Posso dire, senza ombra di dubbio, che i casi che ho seguito con maggiore soddisfazione e con migliori risultati sono stati quelli in cui l’intera famiglia si è sottoposta a trattamento psico-educativo, collaborando a ogni fase del percorso. Oltre alla multidisciplinarietà e al coinvolgimento delle figure di riferimento, c’è da mettere in conto anche un altro fattore fondamentale: il tempo.  Ho imparato molto presto che la sofferenza e il disagio che accompagnano un DCA sono tali da creare, soprattutto nei familiari, l’aspettativa di una soluzione immediata. Ma, essendo queste patologie, la punta di un iceberg sommerso, è necessario concedersi il tempo di acquisire gli strumenti adeguati per affrontare il percorso verso la guarigione, mettendo in conto gli alti e i bassi tipici di questi disturbi e procedendo con tenacia e fiducia. E’ un tempo necessario quello che si interpone fra i primi momenti successivi alla diagnosi (psichiatra, neuropsichiatra infantile, altra figura medica specialistica) e l’inizio del miglioramento fisico e psichico della paziente; un tempo in cui ogni dinamica, ogni dubbio, ogni sofferenza devono trovare la loro collocazione, la loro giustificazione e accettazione.
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una maggiore diffusione e un abbassamento dell’età di esordio di tutti i DCA, in particolare di quelli selettivi/restrittivi ce di quelli compulsivi. Inoltre, le drastiche restrizioni sociali resesi necessarie negli anni di pandemia hanno avuto importanti conseguenze sui soggetti più fragili, con un inasprimento dei sintomi e una maggiore frequenza di esordio fra i più giovani. In Italia si stima un aumento di c.a. il 40%.
In coerenza con il dato nazionale, anch’io ho registrato una maggiore incidenza e un abbassamento dell’età di esordio. In particolare, sono due gli aspetti che risultano più allarmanti, oltre che più frequenti: 1) la maggiore frequenza e diffusione nei piccoli (anche al di sotto dei tre anni) dei disturbi selettivi/restrittivi e 2) il carattere sfumato di molti dei disturbi cibo-correlati (nell’età evolutiva in generale). Infatti, molti degli accessi al mio studio riguardano bambini anche al di sotto dei cinque anni che spesso soffrono del disturbo che nel DSM-5 (2013) viene definito Disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID: Avoidant/restrictive food intake disorder). E’ una nuova categoria diagnostica che raccoglie i casi in cui l’assunzione di cibo è insufficiente e non si associa (come avviene per altri disturbi alimentari classici) con l’attenzione morbosa alle forma corporee. In letteratura, alcuni autori distinguono tre tipologie di ARFID: 1) disinteresse per il cibo e l’atto alimentare; 2) iper suscettibilità sensoriale verso gli alimenti; 3) la paura di eventuali conseguenze avverse all’atto alimentare (soffocamento, vomito, nausea, dolori addominali).

A Pisa è presente un gruppo di lavoro sui Disturbi Alimentari Precoci , da me coordinato, che si occupa di prevenzione, diagnosi e trattamento. Ho fondato questa realtà in collaborazione a molte figure con cui collaboro da anni (Centro Il Colibrì), convinta della necessità di offrire aiuto e supporto alle famiglie investite da queste problematiche complesse e faticose; fiduciosa, come sempre, che il lavoro di squadra sia la soluzione più efficace.

 

Per informazioni sul gruppo Disturbi Alimentari Precoci scrivere a giusi.d’urso@libero.it

Per approfondire:

ARFID- Rachel Bryant-Waugh- Positive Press
Terapia cognitivo-comportamentale per il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo – J. Thomas, K. Eddy – Positive Press
Il cibo dell’accudimento – Giusi D’Urso – MdS Editore
Anoressie e bulimie. Massimo Cuzzolaro, Il Mulino
Psicodinamica dell’alimentazione nella prima infanzia
Sito AIDAP, Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso

 

 

 

 

Disturbi Alimentari Precoci – E’ nato un gruppo di lavoro

A Pisa è appena nato un gruppo per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dei Disturbi Alimentari Precoci, coordinato dalla dott.ssa Giuseppina D’Urso  e in collaborazione con Centro Il Colibrì.
Il gruppo si occupa in particolare dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione che insorgono in età precoce con quadri di selettività/restrizione  o di compulsione.
Si avvale di varie figure professionali che lavorano in team: nutrizionista, neuropsichiatra infantile, logopedista, neuropsicomotricista, psicoterapeuta. Altre competenze, come quelle dell’osteopata, vengono reclutate per quadri particolari che ne richiedano l’intervento.

Conosciamo meglio il team.

 

Dott.ssa Giuseppina D’Urso
BIOLOGA NUTRIZIONISTA, PATOLOGA CLINICA

Fondatrice e coordinatrice del gruppo
giusi.durso@libero.it
tel. 347 0912780

Dott.ssa Alessandra Burgo
TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITÀ DELL’ETÀ EVOLUTIVA E PSICOMOTRICISTA FUNZIONALE
Centro Il Colibrì

 

 

 

Dott.ssa Sarh Guidi
TERAPISTA DELLA NEURO E PSICOMOTRICITÀ DELL’ETÀ EVOLUTIVA E TERAPISTA DIR201 (DIR-FLOORTIME BASIC)
Centro Il Colibrì

 

 

Dott.ssa Maria Cielo Rondoni
LOGOPEDISTA
Centro Il Colibrì

 

 

 

Dott.ssa Sara Greco
LOGOPEDISTA E TERAPISTA DIR201 (DIRFLOORTIME-BASIC)
Centro Il Colibrì

 

 

 

Dott.ssa Valeria Bossio
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA PSICODINAMICA INTERPERSONALE E TERAPEUTA EMDR
Centro Il Colibrì

 

 

Dott.ssa Elisa Panicucci
PSICOLOGA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE
Centro Il Colibrì

 

 

Oltre che con la figura del Nueropsichiatra infantile de Il Colibrì, il gruppo collabora e si integra con la competenza del dott. Antonio Di Presa, osteopata e podologo

Per informazioni sulle attività, sulle modalità di accesso per una prima valutazione e sulle tipologie di percorso scrivere a giusi.durso@libero.it o telefonare al 347 0912780.