Archivio mensile:ottobre 2010

La scelta alimentare: geni, sensi e condizionamenti

Alla base delle nostre scelte alimentari vi sono moltissimi fattori che le influenzano in modo vario ma profondo. Si tratta di fattori sensoriali, biologici, socio-culturali e di condizionamento.
La percezione sensoriale dei cibi svolge un ruolo fondamentale. La maggior parte dei sensi è coinvolta in più fasi del consumo alimentare. Per esempio, l’aspetto di un determinato cibo può essere utilizzato dai nostri sensi per dedurne la freschezza o il grado di maturazione; allo stesso modo, tatto e vista hanno un ruolo fondamentale per valutarne la consistenza. Indubbiamente, però, i sensi più importanti nel determinare una scelta alimentare sono il gusto e l’olfatto. Gli odori, infatti, possono essere percepiti sia prima che dopo aver introdotto in bocca un dato alimento. Insieme al gusto, inoltre, l’olfatto contribuisce a produrre la percezione del sapore complessivo di un dato cibo. Come sappiamo, il gusto viene percepito tramite le papille gustative che ricoprono la lingua. Esso consiste nella percezione derivante dalle molecole di cui è composto l’alimento, una volta masticato ed amalgamato dalla saliva. Gli studiosi convengono sull’esistenza di quattro tipi di gusto: il dolce, il salato, l’aspro e l’amaro. Ognuno di noi sa perfettamente quali sono i suoi cibi preferiti e quali, invece, quelli che non gradisce.
Ma le preferenze puramente sensoriali di un cibo si basano sulle esperienze alimentari o sono geneticamente determinate? Gli studi effettuati al riguardo mostrano una innata preferenza per le sostanze dal sapore dolce e, al contrario, un rifiuto precocissimo del sapore amaro. Questo fenomeno, tipico della primissima infanzia, milioni di anni fa ha avuto probabilmente una funzione evolutiva, privilegiando cibi ricchi di zuccheri (fonti energetiche) e sollecitando il rifiuto di sostanze amare, potenzialmente tossiche o non commestibili.
Il rapporto fra sensi e cibo è senza dubbio un argomento interessante, soprattutto oggi, in un’epoca in cui c’è una grande attenzione alla scelta alimentare. Diversi studi suggeriscono che i fattori sensoriali sono ancora cruciali nel determinare la scelta di un cibo, ma la relazione è più complessa ed articolata, a causa di molte altre influenze, quali gli effetti fisiologici o avversi degli alimenti e i fattori psicosociali e culturali. Vorrei soffermarmi in modo particolare sugli ultimi, in quanto convinta che oggi pesino moltissimo sulle scelte alimentari di adulti e bambini. Oggi più che mai, infatti, scegliamo il cibo da mettere a tavola lasciandoci condizionare spesso dalle “credenze”, più o meno corrette, sulle conseguenze provocate da quel determinato alimento sulla nostra salute. Questo tipo di condizionamento sta alla base del modo in cui molti prodotti alimentari vengono pubblicizzati, attraverso immagini e slogan che ne enfatizzano l’effetto positivo sulla salute di chi li acquista. Per non parlare del costante condizionamento del gusto attuato dall’utilizzo smodato, e spesso superfluo, di edulcoranti ed esaltatori di sapidità, che annullano le differenze ed omologano i sapori.
Uno degli effetti indiretti, ma non meno importanti, delle influenze psicosociali relative alle scelte alimentari è la neofobia alimentare, cioè l’evitamento dei cibi nuovi, che spesso rappresenta un grosso problema per molti genitori e può indurre a diete poco variate o, addirittura, monotematiche. I genitori, infatti, influenzano in modo determinante i comportamenti alimentari dei figli, attraverso le loro scelte, le conoscenze, le decisioni, il ruolo, il modello educativo, il comportamento a tavola. È stato dimostrato, ad esempio, che l’esposizione frequente ad un determinato cibo e la sua manipolazione, ne aumenta la preferenza. Un altro dato certo è che gli atteggiamenti verso certi cibi sono appresi tramite l’imitazione: i bambini assaggiano più facilmente un cibo “non familiare” se questo viene precedentemente assaggiato da un adulto presente, in particolare la madre.
L’influenza psicosociale sulle scelte alimentari produce inoltre comportamenti che, a loro volta, hanno implicazioni importantissime. Non dimentichiamo, ad esempio, il valore dell’accettazione: è noto, infatti, che attraverso la scelta di un cibo che tutti assaggiano, il bambino si sente parte di qualcosa: una famiglia, una squadra, un gruppo.
In definitiva, sembra che, sebbene i fattori genetici e i processi fisiologici siano fondamentali per la scelta del cibo, il loro impatto sul comportamento alimentare sia oggi mediato dai fattori psicosociali dai quali è impossibile, o quantomeno difficile, prescindere.
A questo punto quindi dovremmo chiederci come volgere a nostro vantaggio e a vantaggio dei nostri figli queste importanti conoscenze. Senza dubbio dovremmo tornare a recuperare il tempo e il rispetto del gusto, cioè ricominciare ad assaporare ed apprezzare il gusto degli alimenti semplici, per “recuperare” i sensi che un tempo erano alla base della nostra scelta. La rieducazione al gusto permette di sganciarci dal condizionamento della pubblicità e fornisce un ottimo strumento educativo per insegnare ai bambini a diversificare, riconoscere, apprezzare. Noi adulti, inoltre, faremmo bene a ricordare che il rapporto del bambino con il cibo è delicato e complesso e che implica quasi sempre i concetti di “sicurezza”, “autostima”, “accettazione”, oltre che nutrimento, crescita e qualità alimentare. Insomma, nel relazionarci a nutrizione, genetica, sensi e influenze psicosociali dovremmo sempre tener presente che il cibo ci lega, non ci divide; esso non è strumento, ma collante; non è arma, ma vincolo. E’ il legame fra chi nutre e chi è nutrito, dove “nutrire” non è solo “dare da mangiare”, ma aiutare diventare adulti sani ed equilibrati.

EVENTO CORRELATO